Ancora su coffee shops, turismo della droga e diritto dell’Unione europea

Ieri presso la Corte di Giustizia dell’Unione europea si è tenuta l’udienza nella causa Josemans (C-137/09) di cui Ilaria Anrò ha recentemente informato i nostri lettori. Finalmente abbiamo appreso un pò di più su questa  causa che solleva diverse questioni inedite in materia di libera circolazione, principio di non discriminazione e lotta al c.d. turismo della droga. Per quanto attiene ai fatti della causa, rinvio all’esaustivo post di Ilaria.


Si è trattato di un’udienza piuttosto lunga: tre gli Stati membri che hanno presentato delle osservazioni (Francia, Olanda e Belgio) oltrechè il Sig. Josemans ed il sindaco (sic) di Maastricht. La linea della Commissione europea è chiara : il criterio della residenza a cui la città di Maastricht subordina l’accesso ai coffee shops rapprensenterebbe un ostacolo alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell’articolo 49 del vecchio trattato. A fondamento di tale affermazione, la Commissione osserva che tali esercizi commerciali vendono non soltanto canapa indiana ma anche altri prodotti alimentari e bevande alcoliche. Ergo, limitare l’accesso alla fornitura di quest’insieme di prodotti rappresenterebbe chiaramente una restrizione alla libera circolazione (dei destinatari) di servizi. Il merito di questa posizione è di eludere signorilmente buona parte delle questioni controverse sollevate dal rinvio pregiudiziale. In primo luogo, concentrandosi sull’aspetto ‘servizi’, la Commissione sfugge inter alia dall’affrontare la questione della applicazione ratione materiae delle disposizioni della libera circolazione delle merci : in assenza di un mercato di canapa indiana, può ritenersi tale sostanza ‘merce’ ai sensi degli articoli 28-29 TCE (divenuti 34-35 TFEU) ? In che misura la legislazione olandese puo’ ritenersi una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitative alle esportazioni allorchè il consumo di tale sostanza è vietato in tutti gli altri Paesi dell’Unione? La posizione della Commissione evita anche di rispondere all’altro interessante problema sollevato dalla causa : qual è il rapporto tra i divieti di circolazione con il principio generale di non discriminazione e quello di cittadinanza ? Lex specialis vs lex generalis, cosi’ come affermato dal rappresentante del regno belga ? Infine, l’analogia compiuta dall’agente della Commissione tra consumo di droga e accesso alla prostituzione a sostegno della propria posizione non ha avuto lunga vita. Il giudice relatore Allan Rosas ha interrotto l’arringa dell’agente facendogli osservare che mentre la prostituzione non è un’attività perseguibile penalmente in nessuno Stato membro, il consumo di droghe è represso ovunque. Quale che sia l’approccio adottato dalla Corte (applicazione delle regole sulla libera circolazione o dei principi di non-discriminazione) è probabile che la regolamentazione in causa, applicata in modo sperimentale per il momento soltanto a Maastricht, perverrà all’esame delle cause di giustificazione invocate dall’Olanda: ordine pubblico e salute pubblica. A quel punto sarà il controllo di proporzionalità a decidere le sorti della regolamentazione in causa. E’ auspicabile che maggiore creatività sia richiesta alle autorità olandesi nel perseguimento del difficile equilibrio tra politica della tolleranza e lotta al turismo della droga. Un pronostico? Il requisito della residenza, quale forma di discriminazione indiretta tra destinatari di servizi, hai i giorni contati. Affaire à suivre !

 

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