“L’interpretazione del diritto parlamentare” di Renato Ibrido, Franco Angeli, Milano 2015.

Il volume di Renato Ibrido, premiato dall’editore come miglior proposta dell’anno per le discipline pubblicistiche, possiede diversi pregi degni di nota.

Prima di tutto si tratta di un lavoro ambizioso. Lo è innanzitutto perché abbraccia senza timore la tematica della morfologia e della funzione del diritto parlamentare nel suo complesso, evitando quindi una diffusa tendenza a studiare le questioni da un punto di vista eccessivamente settoriale e quasi settario, il che può rappresentare una tentazione a maggior ragione quando ci si occupi degli interna corporis e dei meccanismi giuridici sviluppati all’interno di comunità “chiuse”.

Il volume si occupa di definire il ruolo e la forma del diritto parlamentare, in rapporto sia alle garanzie costituzionali che alle esigenze di funzionamento delle assemblee elettive, distinguendo in modo molto chiaro tra “grandi” e “piccole” regole di diritto parlamentare (p. 117), fornendo cioè una chiave per evitare le frequenti, ma inopportune, sovrapposizioni tra le meta-norme, consustanziali al processo legislativo, e le questioni - anche controverse - connesse all’efficienza della prassi o all’organizzazione dei lavori.

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Le Commissioni parlamentari alla prova del tempo e dello spazio: brevi note sulla recente monografia di Cristina Fasone

Le Commissioni parlamentari non costituiscono oggi un mero tema di studio, ma rappresentano piuttosto un arcipelago di problemi, giuridici e politologici, ampio e variegato. La prolungata, secondo alcuni perenne, fase di transizione che il sistema politico italiano attraversa non aiuta lo studioso che, per avventura, sia desideroso di fissare con chiarezza alcuni concetti chiave del funzionamento di questi organi, determinanti (in atto o in potenza) tanto per il procedimento legislativo quanto per le funzioni parlamentari di controllo.

Queste obiettive difficoltà non hanno scoraggiato Cristina Fasone, che ha pubblicato nelle scorse settimane una solida monografia dal titolo Sistemi di commissioni parlamentari e forme di governo (CEDAM, Padova 2012, pp. 694). Il risultato si presenta imponente, non solo per il perimetro dello studio, ma anche per il numero di variabili concettuali che lo stesso propone al lettore. Il primo, e ad avviso di chi scrive determinante, pregio del volume risiede infatti nella profondità della ricerca, lontana dall’idea di monografia quale sorvolo di temi già arati o, peggio, di messa a fuoco compulsiva di questioni di nicchia. Al contrario, l’elemento di maggior ambizione del lavoro risiede proprio nell’universalità e nella completezza dell’analisi, che abbraccia in sostanza le commissioni parlamentari nella loro complessiva natura, senza perdersi in elementi di dettaglio esposti all’usura del tempo e della prassi.

L’obiettivo fondamentale dello studio si rivela essere quello di osservare e classificare i modelli di commissione parlamentare quali sono stati prodotti nella storia costituzionale e nella prassi anche recente, con particolare riferimento alle esperienze inglese, francese, statunitense ed italiana. Più in particolare l’Autrice mira a ordinare e chiarire il complesso sistema di rapporti che intercorre tra la commissione parlamentare (sia essa permanente o speciale) e le dinamiche della forma di governo, onde poter comprendere quale sia la cifra della partecipazione concreta delle commissioni stesse alla formazione dell’indirizzo politico (p. 593).

La disamina delle caratteristiche strutturali è peraltro preceduta da una pregevole esposizione della metodologia della ricerca, che si preoccupa di chiarire come interpretare ed utilizzare i frutti del lavoro monografico. La scelta non appare affatto marginale, atteso che riprende una antica e proficua usanza, utile per fornire al lettore un quadro di comprensione e sinergica alla maggior validità scientifica della trattazione.

Una delle principali proposte dell’A. è quella di considerare le commissioni non tanto come fenomeni isolati, o come sezioni di un procedimento più complesso, bensì in forma aggregata, come “sistema di commissioni”, raccogliendo una suggestione di Joseph Barthélemy (p. 139) e consentendo così una comparazione tra sistemi costituzionali differenti proprio alla stregua del profilo funzionale rivestito dalle commissioni.

Ulteriore elemento centrale dello studio è dato dallo sforzo di realizzare una puntuale tassonomia dei sistemi di commissioni parlamentari, che si distinguono per il loro ruolo nell’ambito dell’indirizzo politico. E così si descrivono sistemi ove le commissioni si presentano “irrilevanti” (ossia ove la forza dell’Esecutivo prende il sopravvento sulla capacità di influenza del Parlamento) o, al contrario, “determinanti”, capaci di imporre un proprio autonomo indirizzo politico in ragione della loro forte specializzazione e capacità di coordinamento. A questi due poli si aggiungono i sistemi “maggioritarî” (nei quali gli organi parlamentari diventano strumento di una maggioranza molto coesa e dunque solo parzialmente influenti sull’azione di governo espressione della maggioranza medesima) e quelli “consensuali” (in cui le commissioni parlamentari sono il luogo del compromesso e della trattativa politica, prodromica e decisiva ai fini del prodotto finale).

In diversi passaggî del volume traspare un’indicazione dell’A. sui criterî che debbano ritenersi determinanti per la valutazione della forza delle commissioni parlamentari in un dato sistema: si tratta in particolare del grado di specializzazione per materia, dell’autonomia rispetto ad altri organi e della capacità di coordinamento volta a promuovere la propria capacità incisiva, tanto in funzione legislativa quanto in sede di controllo sul Governo.

Ulteriori temi di rilievo vengono compiutamente affrontati nel libro: tra di essi si segnalano quelli riguardanti la natura delle commissioni rispetto all’organo assembleare ed al Parlamento nel suo complesso, la capacità di promuovere conflitti di attribuzione dinanzi alla Consulta rispetto ad atti invasivi delle proprie prerogative, ma anche il dibattito storico sui pregi e sui difetti della specializzazione per materia.

Una particolare menzione merita la qualità del lavoro comparatistico, poiché evita una comune rassegna tipologica delle commissioni nei diversi Paesi, a beneficio di un’analisi più puntuale e concentrata sulle caratteristiche storico-giuridiche più salienti (ad esempio l’evoluzione del parlamentarismo inglese, i rapporti federali nel sistema statunitense, le commissioni nel contesto dell’assemblearismo francese) e sul raffronto tra ordinamenti nei campi tecnicamente più determinanti, quali la programmazione dei lavori o la titolarità di funzioni legislative deliberanti.

La puntuale disamina che l’A. compie delle diverse sfaccettature teoriche e pratiche dell’istituto delle commissioni parlamentari e della sua evoluzione può rendere la lettura a tratti impegnativa, ma comporta un vantaggio di grande momento, ossia rende lo studio ideale compendio per successive puntuali consultazioni, ottima premessa per una longevità del lavoro monografico.

Un’ultima notazione merita l’attenzione del lavoro per i profili problematici di più stringente attualità, quali la difficile conciliazione tra le istanze di una maggior pubblicità dei lavori e la tutela della commissione parlamentare quale luogo di dibattito informale e di ricerca del compromesso politico (nella più nobile accezione del termine). Analogo ragionamento vale per l’attenzione riservata alle questioni concernenti la programmazione dei lavori, senza dubbio centrali per garantire alle commissioni, specie quelle permanenti, un ruolo nodale e propulsivo all’interno dell’indirizzo politico.

Non può dunque che salutarsi con favore una pubblicazione come quella di Cristina Fasone, che offre una proposta di sistemazione del tema completa e di ampio spettro, rifuggendo il morbo del settarismo dottrinale in favore di un approccio scientifico interdisciplinare e schiettamente dialogico.