Il diritto di affidamento al convivente more uxorio tra diritti fondamentali e sovranità nazionale

Nella sentenza del 5 ottobre 2010 “J. McB.” la Corte, nella sua terza sezione, si è trovata ad affrontare un tema quanto mai delicato, non solo sul piano della cooperazione giudiziaria, bensì anche dei diritti umani, per di più connotato da rilevanti implicazioni etiche.
La questione portata dinanzi alla Corte tramite rinvio pregiudiziale, operato dalla Supreme Court irlandese, verteva sull’interpretazione del regolamento 27 novembre 2003, n. 2201, dettante norme in materia di competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale.
Il fatto storico all’origine della pronuncia era estremamente complesso e, in questa sede, si tenterà di riportarne i passaggi più significativi: dopo dieci anni di convivenza more uxorio, una madre residente in Irlanda si trasferì con i tre figli minori avuti dal convivente nel Regno Unito per sfuggire alle asserite ripetute violenze del medesimo. Il padre si rivolse alla Family Division della High Court irlandese per ottenere il trasferimento dei figli in Irlanda, in base al regolamento già menzionato che a sua volta richiama la Convenzione dell’Aia del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori.

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