Impeachment del Presidente Fernando Lugo in Paraguay: un silenzioso colpo di Stato?

Recentemente il Presidente del Paraguay, Fernando Lugo, è stato rimosso dal proprio incarico in seguito a un processo di impeachment (o “juicio político”), disciplinato dall’art. 225 della Costituzione.

Il Paraguay ha ottenuto l’indipendenza dalla Spagna nel 1811 e da allora ha adottato sei carte costituzionali, l’ultima delle quali risale al 1992. Nella Costituzione precedente, entrata in vigore nel 1967, non era presente alcun procedimento di impeachment, ma nell’art. 141 a ogni Camera era riconosciuta la facoltà di ammonire o espellere un suo componente in caso di inadeguatezza nell’adempimento degli incarichi politici, incapacità o inidoneità fisica o mentale.

Nel caso di specie le forze politiche del Paese hanno affermato che la necessità di instaurare un procedimento di impeachment andasse rinvenuta nelle decisioni inopportune e nell’incapacità politica di Lugo che, negli ultimi mesi, avrebbero determinato l’insorgere di un grave stato di emergenza caratterizzato da sempre più frequenti ondate di violenza. L’ultimo episodio cruento, che avrebbe spinto il Congresso a prendere provvedimenti nei confronti del Presidente paraguayo – resosi autore di un comportamento «inetto e indecoroso» ˗˗ ha visto il conflitto armato fra un gruppo di poliziotti e alcuni contadini che stavano occupando illegittimamente una fattoria. Lo scontro si è poi concluso con la morte di diciassette persone, otto delle quali erano agenti.

Il procedimento di impeachment si è svolto presso le due camere del Congresso nell’arco di circa quarantotto ore, mostrando dei consensi plebiscitari: la Camera bassa, il cui compito è stato quello di formulare le imputazioni a carico di Lugo, ha espresso una maggioranza di settantasei voti a favore e uno contrario e poche ore dopo il Senato, chiamato a pronunciarsi sulla fondatezza delle accuse, con trentanove voti favorevoli e quattro contrari ha decretato di rimuovere Lugo dalla Presidenza sostituendolo con il Vicepresidente Federico Franco, come previsto dalla Costituzione. L’ormai ex Presidente, pur dichiarandosi stupito della decisione e sostenendo che la velocità con cui il processo si è svolto nascondesse in realtà un colpo di Stato, in prima battuta ha dichiarato di voler accettare la destituzione, chiedendo ai propri sostenitori di fare altrettanto e di evitare qualsivoglia scontro. Poco dopo ha però deciso di fare ricorso presso la Corte Suprema, affermando che la velocità del procedimento e l’insufficiente tempo concessogli per far valere le proprie ragioni, gli avesse reso impossibile l’esercizio del diritto alla difesa in modo adeguato. Il giudice ha però rigettato il ricorso poiché incompetente; inoltre ha sostenuto che il juicio político avesse natura prettamente politica e che, non essendo inquadrabile all’interno dei procedimenti giurisdizionali, i principi che reggono gli stessi non dovessero necessariamente essere applicati nella loro pienezza.

La storia politica di Fernando Lugo appare quanto mai peculiare. Nato nel maggio del 1951, figlio di un dissidente politico, ha fatto studi ecclesiastici vestendo poi l’abito talare. Subito dopo l’ordinazione sacerdotale è stato inviato in Ecuador e, quando nel 1982 è tornato in Paraguay, è stato espulso dal Paese, che in quegli anni vedeva il regime dittatoriale di Stroessner. Lugo, che nel tempo ha sempre mantenuto una forte attenzione per le problematiche delle fasce più deboli della popolazione, nel 1994 è stato nominato vescovo venendo assegnato alla diocesi di San Pedro, una delle zone più povere del Paese. Il suo operato nel sociale gli è valso il soprannome di «obispo de los pobres» (vescovo dei poveri), con cui ancora viene ricordato. Nel 2006 ha chiesto al Papa di essere dispensato dai propri incarichi sacerdotali per potersi dedicare attivamente all’impegno politico nel Paese. Così facendo nel 2008 ha partecipato alle elezioni politiche vincendole e divenendo così il primo Presidente paraguaiano di sinistra dopo che per circa sessant’anni il potere politico è rimasto nelle mani del conservatore Partido Colorado.

L’impeachment di Lugo ha destato molta perplessità sia a livello nazionale, che sul piano internazionale. Il sospetto maggiore è che la vera ragione della sua destituzione vada rinvenuta nella volontà di questi di riformare l’attuale suddivisione della proprietà terriera in Paraguay: si osservi infatti che – a quanto emerge da recenti stime – l’85% della terra del Paese è posseduta da solo il 2% della popolazione. Insomma, alla base del “juicio político” nella realtà ci sarebbe uno scontro fra poteri e la volontà della classe dirigente di liberarsi di una figura scomoda, in grado di indebolire l’attuale potere dei proprietari terrieri. A conferma di questa teoria viene sottolineato che anche la fattoria recentemente occupata (dove si sono svolti gli scontri per i quali Lugo è stato ritenuto politicamente responsabile) era di proprietà di un senatore colorado, cioè appartenente al partito di destra.

Gli accadimenti hanno sollevato anche la perplessità dei leaders di altre Nazioni e di organizzazioni internazionali. L’UNASUR, applicando il Trattato costitutivo e la c.d. “clausola democratica” in esso contenuta, ha deciso di sospendere il Paraguay in occasione di un incontro straordinario indetto a Mendoza il 29 giugno: si è infatti sostenuto che, sebbene l’impeachment sia stato realizzato attuando delle disposizioni costituzionali, la natura della decisione e le ragioni per cui la medesima è stata adottata nascondessero di fatto un golpe. La sospensione dello Stato ha anche comportato la variazione dell’ordine di rotazione della presidenza provvisoria dell’UNASUR, che è passata con alcuni mesi di anticipo al Perù. Un’analoga decisione, volta a sospendere lo Stato sudamericano, è stata presa anche dal MERCOSUR. I portavoce di entrambe le organizzazioni hanno affermato che la sospensione sarà revocata solo dopo i risultati delle elezioni (previste per il prossimo anno), sempre che il Paraguay dimostri di restaurare in modo adeguato il sistema democratico nel Paese. Si è altresì deciso di non comminare alcuna sanzione economica, sostenendo che quest’ultima avrebbe finito per gravare più sul popolo che sulle istituzioni.

Considerando i recenti accadimenti che hanno coinvolto il Paraguay pare difficile poter parlare di golpe in senso stretto. Infatti, seppure sia innegabile che garanzie fondamentali quali il diritto alla difesa siano state compresse (e compromesse), è altrettanto vero che le istituzioni del Paese hanno rispettato la Costituzione attuandone le disposizioni in materia di imepachment. Tuttavia, come riscontrato dalla Corte Suprema paraguaiana, la valutazione a cui Lugo è stato sottoposto è di natura esclusivamente politica e proprio in questo punto sta la fragilità della disciplina stessa che impedisce di effettuare un controllo dei poteri. Prova ne è che, sebbene le motivazioni in base a cui le Camere hanno ritenuto opportuno destituite il Capo dello Stato fossero generiche e poco circostanziate, il giudice supremo ha comunque ritenuto di dover rigettare il ricorso avanzato dall’ex Presidente per incompetenza.

Insomma, la vera portata della decisione di estromettere Lugo e, soprattutto, la possibilità che dietro a questa scelta debba rinvenirsi un silenzioso colpo di Stato non può essere stabilito ora. Occorrerà osservare che cosa accadrà in Paraguay nei prossimi mesi, prestando particolare attenzione a eventuali riforme e all’andamento delle prossime elezioni.

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