La Consulta si rinnova. E la giurisprudenza?

Pubblicato su www.lavoce.info


Finalmente il Parlamento ha eletto i tre nuovi giudici costituzionali: uno studioso di diritto del lavoro e due noti costituzionalisti. Quale contributo porteranno nella giurisprudenza della Corte? Senza dimenticare che le decisioni sono comunque collegiali, si possono fare alcune previsioni.

 

Corte costituzionale finalmente al completo

Dopo trentuno tentativi senza risultato, finalmente, con la votazione del 16 dicembre scorso, il parlamento ha eletto i tre giudici costituzionali che mancavano all’appello e ha messo fine a un vulnus istituzionale che durava da troppo tempo e di cui il primo responsabile era lo stesso potere legislativo.
La Corte costituzionale può ora riprendere a lavorare contando sull’apporto di quindici giudici, come richiede l’articolo 135 della Costituzione, e non (soltanto) di dodici, come è invece stata costretta a fare da luglio scorso (quando si è liberato il terzo posto disponibile in Corte) a causa dello stallo dovuto a una lunga e per nulla gratificante storia di veti incrociati tra i differenti schieramenti politici in parlamento.
Ma chi sono i tre nuovi arrivati al palazzo della Consulta? Si tratta di Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti. L’attenzione si concentra qui sui primi due, perché il fatto di essere due notissimi costituzionalisti – Prosperetti è invece un assai apprezzato professore di diritto del lavoro – può forse consentire di rispondere più agevolmente a un’ulteriore domanda: che impatto sulla giurisprudenza della Corte è possibile aspettarsi dai nuovi arrivati?

Profilo di due nuovi giudici

Augusto Barbera e Franco Modugno sono due docenti universitari che hanno fatto della Costituzione la loro stella polare, anche se da angolazioni diverse. Diversità che sembra poter portare a un doppio arricchimento per la Corte costituzionale. Passione e impegno civili da sempre hanno caratterizzato l’attività di studioso e di parlamentare di Barbera: ci sono dunque ottime speranze che riesca a “iniettare” una ancor maggiore sensibilità per profili storici e politico-istituzionali nella futura giurisprudenza della Consulta. In altre parole, è possibile che il suo contributo possa concretizzarsi in un richiamo alla riscoperta e alla valorizzazione delle origini e dello spirito della Costituzione e all’evoluzione della nostra forma di governo quali punti di partenza obbligati per definire la rotta degli orientamenti futuri della Corte. Sui sistemi elettorali (dei quali Barbera è sicuramente uno dei maggiori esperti italiani) è interessante, per le future pronunce sul tema della Consulta, da una parte, la sua dichiarata non contrarietà all’Italicum, e dall’altra, più in generale, la sua adesione alla tesi di Maurice Duverger, secondo cui la loro funzione non è quella di un appareil photografique, ma piuttosto di fungere da transformateur d’energie della sovranità che spetta al popolo. Il tema della riscoperta del portato più autentico dell’articolo 1 della Costituzione potrebbe essere un altro degli elementi caratterizzanti la filosofia giurisprudenziale di Augusto Barbera.
L’opinione di Franco Modugno circa il ruolo cruciale della Corte costituzionale è piuttosto chiara: “un ruolo preponderante nell’interpretazione costituzionale non soltanto per il suo ruolo istituzionale ma perché, molto più della dottrina, da essa sono venuti i maggiori contributi all’intendimento del ruolo pervasivo dei diritti fondamentali”.
Partendo da queste premesse, la sua cifra scientifica di teorico del bilanciamento tra i valori costituzionali e di sostenitore del fatto che “la giurisprudenza della Corte rappresenta quello che è il diritto costituzionale vigente ed effettivo”, potrebbe essere portatrice di un suo contributo alla costruzione di itinerari giurisprudenziali assai interessanti sotto almeno due profili. In primo luogo, la sua convinzione che “l’interpretazione della Costituzione è anche e soprattutto interpretazione che ha a che fare con i principi-valori individuati e individuabili nella Costituzione” potrebbe portare al superamento di interpretazioni puramente testuali per sottolineare ulteriormente, invece, una interpretazione per valori. In secondo luogo, un contributo assai interessante potrebbe emergere in relazione a un tema altrettanto spinoso e dibattuto: il rapporto tra la Corte costituzionale e il legislatore. In contrapposizione (con origini lontane: si era a Firenze e correva il 1981, in occasione dei venticinquesimo anniversario della Corte) con Gustavo Zagrebelsky, che asseriva la necessità di una ferrea separazione di ruoli tra corti e legislatore, Modugno non hai mai escluso che al giudice costituzionale spettasse anche (e soprattutto) una funzione di co-determinazione, con il parlamento, dell’indirizzo politico e non solo un controllo sanzionatorio successivo. Vedremo come questa idea di una Corte in grado di farsi mediatrice di interessi sostanziali e moderatrice dei conflitti sarà veicolata nella pronunce della Corte che vedranno come relatore il giudice Modugno.
Si tratta di previsioni che potrebbero essere ovviamente smentite, non fosse altro perché i contributi e gli orientamenti dei singoli giudici devono poi, evidentemente, confrontarsi e misurarsi con il collegio.