Non c’è più rispetto!! Appunti sul rapporto fra il sistema giudiziario nazionale e la Corte di giustizia

Davvero ricca di spunti la “saga” Melki (si vedano i commenti di Fabbrini e Alemanno su questo blog): una serie di pronunce in cui sono stati coinvolti tutti i livelli del giudiziario europeo, dalla Corte di Cassazione francese, al Consiglio Costituzionale per finire con la Corte di Lussemburgo. Colpisce moltissimo la deference utilizzata dal giudice di Lussemburgo nei confronti del Consiglio Costituzionale francese, soprattutto se paragonata all’atteggiamento “intransigente” adottato con altre corti costituzionali (si vedano i casi Winner Wetten, C‑409/06, Filipiak, C 314/08, Cordero Alonso, C-81/05- seppur in un confronto “distanza” in quest’ultimo caso). Colpisce anche la diversa valutazione rispetto ad altre pronunce quasi “coeve” come quella Elchinov, (C-173/09), in cui la Corte (nonostante l’interessante opzione alternativa offerta dall’Avvocato Generale Pedro Cruz Villalón nelle sue Conclusioni ai punti 20 ss.) ha dimostrato di considerare la dottrina Rheinmühlen-Düsseldorf I (166/73) ancora good law, accettando di estendere la dottrina Simmenthal anche agli atti giudiziari, sebbene poi non si capisca se a dover essere disapplicata sia la pronuncia del giudice “superiore” (come sembra da Elchinov, punto 32 della sentenza) oppure la disposizione nazionale relativa al giudicato (come in Lucchini, C-119/05 e Fallimento Olimpiculb, C-2/08).

Di certo il principio del primato e la dottrina Rheinmühlen ormai sembrano implicare «una sorta di controllo decentralizzato della “comunitarietà” non già delle norme, bensì delle decisioni giurisdizionali.

Difatti, i giudici di grado inferiore le cui decisioni fossero state annullate da un organo superiore potevano, facendo leva su tale dottrina e qualora la causa venisse loro rinviata, ignorare la dichiarazione di annullamento allorché questa, a loro giudizio, risultava contraria al diritto dell’Unione. Nell’ambito del conflitto tra l’autonomia processuale nazionale e l’opportunità, che in tal modo si riapriva, di affermare la prevalenza del diritto europeo, si doveva privilegiare quest’ultima» (cosi l’Avvocato Generale Cruz Villalón nelle sue Conclusioni sulla causa Elchinov, p. 21). Se paragonato con tutte queste pronunce il caso Melki diventa l’eccezione (non la regola) e il trend che sembra emergere vede la concretizzazione del grande incubo delle Corti costituzionali europee: l’idea del primato assoluto del diritto comunitario, annunciato in Internationale Handelsgesellschaft (11/70), e che si estende anche alle norme costituzionali interne: « La validità degli atti emananti dalle istituzioni della comunità può essere stabilita unicamente alla luce del diritto comunitario. Il diritto nato dal trattato, che ha una fonte autonoma, per sua natura non può infatti trovare un limite in qualsivoglia norma di diritto nazionale senza perdere il proprio carattere comunitario e senza che sia posto in discussione il fondamento giuridico della stessa comunità. Di conseguenza, il fatto che siano menomati vuoi i diritti fondamentali sanciti dalla costituzione di uno stato membro, vuoi i principi di una costituzione nazionale, non può sminuire la validità di un atto della comunità ne la sua efficacia nel territorio dello stesso stato». (così la Corte di giustizia nella pronuncia 11/70). Il caso Kreil (C-285/98) e il più recente caso Michanicki ( C‑213/07) sono altri esempi di questo trend. Che l’art. 4 TUE (ex I-5 del Trattato Costituzionale) introdotto dal Trattato di Riforma cambi qualcosa con il suo esplicito riferimento al necessario rispetto della “struttura costituzionale” degli Stati membri? Non credo, dato che una disposizione molto simile era già inclusa nella versione precedente dei Trattati (art. 6, c.3, TUE): vero è che in quella versione si parlava del rispetto dell’“identità nazionale” degli Stati membri, ma tale disposizione era già stata utilizzata anche con riferimento alle strutture costituzionali interne, come dimostrano i richiami di Maduro all’art. 6, c. 3, TUE nelle sue Conclusioni in casi sensibili come Michanicki e Rottmann. Nuova stagione dei conflitti costituzionali? Bye bye deference? Forse sì, ma vediamo cosa dirà la Corte di giustizia sul caso Chartry (C-457/09)…