Omogenitorialità e non discriminazione

Nota a margine della sentenza della Corte Suprema dell’Iowa del 3 maggio 2013 nel caso Gartner v. Iowa Department of Public Health

Dopo pochi anni dalla sentenza con la quale ha riconosciuto il diritto delle coppie gay e lesbiche di contrarre matrimonio nello stato [Barnum v. Brien, 763 N.W. 2d 862 (Iowa 2009)], con la pronuncia del 3 maggio 2013 la Corte Suprema dell’Iowa ritorna sulla questione della tutela delle famiglie incentrate su coppie dello stesso sesso, con particolare riguardo all’omogenitorialità. Essa ha stabilito che è incostituzionale, alla luce del principio di uguaglianza, disconoscere il ruolo genitoriale svolto dalla madre non-biologica e che, pertanto, tale figura va iscritta nell’atto di nascita riguardante il figlio della coppia esattamente come avviene in virtù della presunzione di paternità applicabile alle coppie coniugate di sesso diverso.

Il caso di specie riguarda il progetto procreativo realizzato da due donne, Melissa e Heather, fidanzatesi nel 2003. Una prima figlia era nata da Heather attraverso fecondazione da donatore anonimo e Melissa era stata riconosciuta come co-madre attraverso un successivo procedimento di adozione. Dopo il matrimonio, celebrato nel 2009, a seguito di procreazione assistita Heather partorisce il secondo figlio e le due donne chiedono all’ufficio dell’anagrafe (l’Iowa Department of Public Health) che anche il nome di Melissa sia inserito, come co-madre, sull’atto di nascita. L’ente però rigetta tale richiesta, adducendo che l’attuale sistema di stato civile dell’Iowa «recognizes the biological and ‘gendered’ roles of ‘mother’ and ‘father’, grounded in the biological fact that a child has one biological mother and one biological father».

La materia del contendere è rappresentata dalla Section 144.13(2) dell’Iowa Code la quale, dando attuazione alla nota presunzione di paternità, stabilisce che, se la madre biologica al momento della nascita risulta sposata, il nome del marito è inserito come padre nell’atto di nascita, a meno che la paternità non sia determinata in modo diverso attraverso un accertamento giudiziario conclusosi con sentenza.

Com’è noto, le famiglie omogenitoriali sono un fenomeno recente che nasce spontaneamente dalla società. Alcune di esse traggono origine da coppie eterosessuali (coniugate o conviventi) con figli, quando uno dei coniugi o conviventi inizia, dopo la rottura dell’unione, a convivere con una persona dello stesso sesso. In tal caso la famiglia si qualifica come «ricomposta». Altre famiglie sono per così dire «originarie», nel senso che l’intero progetto procreativo si svolge all’interno della coppia mediante accesso — ove consentito — alle tecniche di procreazione medicalmente assistita o a procedimenti di maternità surrogata. Ricade in questa seconda ipotesi il caso di Melissa e Heather. In entrambe le tipologie, comunque, la principale questione giuridica da risolvere risiede nello status genitoriale del «secondo genitore» (co-madre, co-padre), cioè del coniuge o partner della madre biologica il quale, pur svolgendo per intero e quotidianamente il ruolo di genitore, vede il proprio status ignorato dal diritto. Nei fatti, le famiglie omogenitoriali sono famiglie come tutte le altre; agli occhi del diritto, nondimeno, esse pagano lo scotto dell’essere, la loro, una relazione omosessuale.

Nel caso che qui ci occupa la Corte distrettuale di Polk County, investita del procedimento in primo grado, aveva ritenuto che la suddetta Section dovesse essere interpretata come applicabile anche alle coppie dello stesso sesso. In tal modo Melissa, che risulta sposata con la madre biologica del neonato, doveva essere inserita come madre in virtù della presunzione di paternità. La Corte distrettuale però non si è addentrata nei profili di legittimità costituzionale della norma, che invece sono stati affrontati dalla Corte Suprema.

Come spesso accade nelle pronunce che si occupano del principio di uguaglianza, la Corte si sofferma anzitutto sulle finalità della presunzione di paternità. Si tratta, secondo la Corte, di «a fundamental legal construct originating in common law». Principio globalmente diffuso tra le nazioni, la presunzione «address[es] several key social policies». In particolare, essa promuove la stabilità del nucleo familiare, determina l’identità degli obbligati al mantenimento del minore, definisce i diritti ereditari e protegge la dignità del bambino negando la possibilità di mettere in discussione, senza prove e senza apposito procedimento giudiziario, le sue origini e la sua ascendenza.

Anzitutto, la Corte esclude la possibilità di interpretare la menzione del «marito», contenuta nella Section 144.13(2), come estensibile alla coniuge dello stesso sesso. Infatti, nel redigere la norma in parola il legislatore ha ritenuto di dover espressamente definire i ruoli di genere riferendosi «unambiguously» a «madre», «padre» e «marito». Insomma, «only a male can be a husband or father. Only a female can be a wife or mother». Se il legislatore avesse voluto rendere neutri tali termini, l’avrebbe fatto utilizzando «coniuge» o «genitore»: per la Corte quindi non è possibile superare questa lettura semplicemente per via ermeneutica. Occorre piuttosto una pronuncia di legittimità costituzionale.

A tal riguardo, la norma impugnata si pone in contrasto con l’art. I, Section 6 della Costituzione dell’Iowa, il quale vieta al legislatore di conferire diritti a «citizens or class of citizens» che «upon the same terms shall not equally belong to all citizens». Il primo passo è dunque verificare se le ricorrenti possono essere poste in comparazione con le coppie coniugate di sesso opposto, e qui la Corte risponde affermativamente. Inoltre il riferimento del legislatore al «marito» non consente alle coppie lesbiche sposate di ottenere l’iscrizione del genitore non-biologico nell’atto di nascita, e tale ostacolo viola il loro diritto a non essere discriminate.

Infine, l’Iowa Department aveva addotto, a sostegno della discriminazione, l’esistenza di un interesse della pubblica amministrazione a uno stato civile efficiente ed efficace, nonché l’interesse a stabilire con certezza la paternità. I giudici rigettano totalmente queste ragioni. In primo luogo, essi notano che anche nelle coppie di sesso diverso l’avvenuto concepimento a mezzo di fecondazione da donatore anonimo non risulta noto allo stato civile, operando la presunzione di paternità a favore del marito della partoriente. Non si vede come il caso della coppie lesbica dovrebbe essere diverso. In seconda istanza, nessun interesse all’efficienza della pubblica amministrazione può essere addotto, in quanto «some other unarticulated reason, such as stereotype or prejudice, may explain the real objective of the State». Da ultimo, tutte le esigenze sottostanti alla presunzione di paternità sono riferibili anche alle coppie dello stesso sesso, soprattutto la necessità di stabilire l’identità degli obbligati al mantenimento del minore appena nato. Pertanto, «the only explanation for not listing the nonbirthing lesbian spouse on the birth certificate is stereotype and prejudice».

La decisione si colloca nell’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, riscontrabile in quasi tutti i Paesi occidentali (da noi Cass. civ., 11 gennaio 2013, n. 601, in Giur. it., 2013, 1036, note Paparo e Winkler) e a livello sovranazionale (di recente v. Corte EDU, 19 febbraio 2013, n. 19010/07, Case of X and Others v. Austria, in Nuova giur. civ. comm., 2013, nota Fatta e Winkler), che risconosce dignità giuridica e sociale alle famiglie omogenitoriali. Essa conferma anzitutto che è possibile applicare il principio di non discriminazione per orientamento sessuale senza scardinare l’assetto corrente del diritto di famiglia. Inoltre, detto principio consente di estendere all’ordinamento giuridico un riconoscimento che già esiste a livello sociale. Infine, come scrive la stessa Corte Suprema dell’Iowa, «it is important for our laws to recognize that married lesbian couples who have children enjoy the same benefits and burdens as married opposite-sex couples who have children». La qualifica di «famiglia» dell’una e dell’altra ipotesi, insomma, deve considerarsi oggi fuori discussione.