Prove di “entente cordiale” tra le due Corti europee

Il 24 gennaio di quest’anno, a seguito di uno dei sempre più frequenti incontri informali tra le delegazioni delle due Corti europee di Strasburgo e Lussemburgo, i Presidenti Costa e Skouris hanno rilasciato il comunicato congiunto che segue, tradotto in italiano per agevolarne la lettura ai visitatori di www.diritticomparati.it.

Il comunicato interviene nel corso delle trattative diplomatiche sull’adesione dell’UE alla CEDU – avviate, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 7 luglio del 2010 con le prime consultazioni tra la Commissione europea e il Consiglio d’Europa – per manifestare l’opinione delle due Corti sui fronti dell’interpretazione della Carta dei diritti fondamentali dell’UE e della sussidiarietà procedurale tra giudizio comunitario e giudizio convenzionale.

Sul primo aspetto, dopo aver ribadito il riconoscimento ottenuto nel primo anno dalla Carta di Nizza nella giurisprudenza della Corte di giustizia, il comunicato riconosce l’esigenza che i diritti contenuti nella Carta, quando corrispondono a quelli della CEDU, vengano interpretati conformemente al significato di questi ultimi, secondo quanto stabilito del resto dall’art. 52, par. 3, della Carta stessa. A tal fine, le due Corti auspicano che si consolidi una “interpretazione parallela” delle relative garanzie.

Un simile auspicio, oltre a ribadire quanto espresso dalla Carta stessa, costituisce ancora prima la consacrazione del rispetto crescente che le sentenze della Corte di giustizia hanno mostrato nei confronti delle interpretazioni della CEDU offerte dalla Corte di Strasburgo, culminato nella giurisprudenza degli anni duemila, da Kadi a K.B., sino al variegato fronte della cittadinanza e della libertà di circolazione. Ma, ci si può chiedere, tanto vale ad escludere qualsiasi ipotesi futura di doppio standard tra Carta di Nizza e CEDU? Nonostante questa apprezzabile evoluzione e a dispetto del documento in esame, che a dire il vero tratta velocemente il problema, mi sembra infatti difficile, se non impossibile, che il diritto dell’UE non continui a rivendicare alcune di quelle specificità che sinora lo hanno contraddistinto, di cui rimane traccia nell’art. 1 del Protocollo n. 8 allegato al Trattato di Lisbona e che hanno spinto talvolta il suo giudice, anche negli ultimi anni, a prospettare un’interpretazione dei diritti CEDU maggiormente aderente all’interesse generale comunitario.

Più strettamente attinente al profilo della sussidiarietà è invece il secondo aspetto trattato dal comunicato congiunto, concernente il ruolo del giudizio svolto dalla Corte di giustizia come tappa necessaria prima che si pronunci la Corte di Strasburgo (ex art. 35, par. 1, CEDU).

Riprendendo e approfondendo le problematiche già sollevate dalla Corte di giustizia in un precedente documento di riflessione del 5.5.2010 (disponibile in www.curia.eu), le due Corti si concentrano in quest’occasione sulla possibile soluzione da fornire al caso in cui una questione di diritto dell’UE venga portata all’attenzione della Corte di Strasburgo senza che i giudici nazionali abbiano sollevato rinvio pregiudiziale al giudice di Lussemburgo. Nel caso in cui i giudici nazionali non sollevino la questione pregiudiziale e nell’impossibilità, allorché manchino i presupposti per il ricorso ex art. 263 TFUE, di rivolgersi direttamente alla Corte comunitaria, come salvaguardare l’esigenza che il controllo esterno svolto dalla Corte EDU tenga conto del giudizio reso da questa? Per rispondere a tale interrogativo, il comunicato prospetta la possibilità di una procedura flessibile, mediante la quale la Corte di giustizia si pronunci comunque prima della Corte EDU fornendo la sua lettura della questione controversa. Il tutto deve avvenire garantendo la celerità della procedura e, soprattutto, rispettando le “caratteristiche specifiche del controllo giurisdizionale esercitato dalle due Corti”. Nell’attesa di conoscere come verrà adeguata sul punto la normativa procedurale vigente davanti alla Corte di giustizia, ci si può chiedere: sarà la Corte di Strasburgo ad attivare il giudizio del giudice comunitario mediante una sorta di rinvio pregiudiziale preventivo ed extra-ordinem o si attribuirà alle parti il compito di promuovere la questione, sempre in via eccezionale, al fine di radicare validamente il giudizio dinnanzi alla Corte di Strasburgo?

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Comunicato congiunto dei Presidenti Costa e Skouris

Le delegazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo (CtEDU) e della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) si sono riunite il 17 gennaio 2011 presso la sede di quest’ultima, a Lussemburgo, nel quadro dei consueti incontri tra le due Corti. Come è abitudine in questi incontri, sono stati affrontati argomenti d’interesse comune. Il primo argomento riguarda l’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e il secondo l’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

1.In relazione alla Carta, è stato rilevato che essa ha acquisito rapidamente una primaria importanza nella recente giurisprudenza della CGUE. Dal 1° dicembre 2009, data dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e nella quale quest’ultimo ha attribuito alla Carta il rango di diritto primario dell’Unione, questa è stata citata in circa trenta sentenze. In questo modo, la Carta è divenuta il testo di riferimento e il punto di partenza per l’individuazione da parte della CGUE dei diritti fondamentali che questo strumento giuridico riconosce. È pertanto importante verificare che ci sia la maggiore coerenza possibile tra la Convenzione e la Carta nel momento in cui quest’ultima contiene diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione. L’articolo 52 paragrafo 3 della Carta prevede d’altronde che in questi casi il senso e la portata dei diritti della Convenzione e della Carta sono gli stessi. In questo quadro, potrebbe dimostrarsi utile una «interpretazione parallela» dei due testi.

2.L’adesione dell’UE alla Convenzione rappresenta un grande passo nell’evoluzione della protezione dei diritti fondamentali in Europa. Gli Stati membri dell’Unione hanno consacrato il principio dell’adesione nel Trattato di Lisbona. Per quel che riguarda il Consiglio d’Europa, il protocollo n. 14, entrato in vigore il 1° giugno 2010, modifica l’articolo 59 della Convenzione affinché l’UE possa aderire ad essa. In conseguenza dell’adesione, gli atti dell’UE saranno sottoposti, similmente a quelli delle altre Alti Parti Contraenti, al controllo esercitato dalla CtEDU alla luce dei diritti garantiti dalla Convenzione.
Nel quadro di un simile controllo di convenzionalità, si possono distinguere le azioni dirette e le azioni indirette, vale a dire da un lato le richieste individuali rivolte direttamente contro misure adottate direttamente dalle istituzioni dell’UE successivamente all’adesione di quest’ultima alla Convenzione e, dall’altro lato, quelle rivolte avverso gli atti adottati dalle autorità degli Stati membri dell’UE per l’applicazione o l’esecuzione del diritto dell’UE. Nel primo caso, il requisito dell’esaurimento delle vie di ricorso interne, fissato dall’art. 35 par. 1 della Convenzione, obbligherà i ricorrenti che si vogliono rivolgere alla CtEDU a investire della questione preliminarmente la giurisdizione comunitaria, nel rispetto delle condizioni previste dal diritto dell’UE. In questo modo, si garantisce che il controllo svolto dalla CtEDU verrà preceduto dal controllo interno svolto dalla CGUE e che la sussidiarietà sarà rispettata.
Nel secondo caso, al contrario, la situazione è più complessa. Il ricorrente dovrà in primo luogo rivolgersi alle giurisdizioni dello Stato membro interessato, le quali, conformemente all’art. 267 TFUE, possono e, in certi casi, debbono a loro volta rivolgersi alla CGUE mediante un rinvio pregiudiziale concernente l’interpretazione e/o la validità delle disposizioni di diritto dell’UE in questione. Tuttavia, se per una qualsiasi ragione non si è effettuato il rinvio pregiudiziale, la CtEDU sarà chiamata a pronunciarsi su un ricorso che chiama in causa tali disposizioni senza che la CGUE abbia avuto modo di controllare la conformità di queste ultime con i diritti fondamentali garantiti dalla Carta.
Con tutta probabilità, una situazione simile non dovrebbe avvenire di frequente. Ciò, tuttavia, non rende meno prevedibile che una simile situazione possa accadere, in ragione del fatto che il rinvio pregiudiziale può essere sollevato solo dalle autorità giurisdizionali nazionali e non dalle parti del giudizio, che possono ovviamente richiedere la sollevazione del rinvio, ma senza il potere di imporlo al giudice procedente. Questo significa che il rinvio pregiudiziale non è nella norma una via di ricorso che deve essere esaurita dal ricorrente prima di sollevare ricorso alla CtEDU.
Al fine di poter salvaguardare il principio di sussidiarietà anche in una simile situazione, si dovrebbe prevedere, nel quadro dell’adesione dell’UE alla Convenzione, una procedura flessibile capace di garantire che la CGUE possa effettuare un controllo interno prima che intervenga il controllo esterno operato dalla CtEDU. Le modalità per realizzare una simile procedura, che non richiede una modifica della Convenzione, dovranno tenere conto delle caratteristiche specifiche del controllo giurisdizionale esercitato dalle due Corti. A questo riguardo, è importante che vengano definiti con chiarezza quali tipi di casi possano essere sottoposti al giudizio della CGUE. Analogamente, il giudizio sulla conformità dell’atto sub iudice con la Convenzione non potrà essere riassunto prima che le parti interessate abbiano avuto l’opportunità di valutare le possibili conseguenze della posizione adottata dalla CGUE e, ove lo ritengano necessario, di formulare le relative osservazioni alla CtEDU, entro un termine previsto a tal fine in accordo con le norme di procedura vigenti davanti a quest’ultima. Per evitare che la procedura davanti alla CtEDU venga differita in misura irragionevole, la CGUE può essere invitata a rendere il proprio giudizio con una procedura d’urgenza.

3.Le due Corti ritengono che sia utile far conoscere le loro riflessioni nel quadro dei negoziati sull’adesione in corso tra il Consiglio d’Europa e l’UE. Esse sono determinate a proseguire il loro dialogo su queste questioni, che rivestono un’importanza considerevole per la qualità e la coerenza della giurisprudenza relativa alla protezione dei diritti fondamentali in Europa.

Strasburgo e Lussemburgo, 24 gennaio 2011

(introduzione e traduzione di G. Repetto)