Recensione a M. G. Bernardini, Disabilità, giustizia, diritto. Itinerari fra filosofia del diritto e Disability Studies, Giappichelli, Torino, 2016

Nel corso degli ultimi anni l’interesse degli studiosi nei confronti della condizione giuridica delle persone con disabilità è aumentata notevolmente. La sensibilità legata a una lettura evolutiva del testo costituzionale del 1948 è stata ampliata dalle sempre crescenti attenzioni riservate ai diritti delle persone con disabilità sia a livello internazionale (si pensi al grande successo della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, conclusa a New York nel 2006) sia sovranazionale (in particolare, in ambito europeo, si pensi all’azione dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa). Il volume di Maria Giulia Bernardini (Disabilità, giustizia, diritto. Itinerari fra filosofia del diritto e Disability Studies, Giappichelli, Torino, 2016) vede la luce in un momento in cui la riflessione su alcuni dei grandi temi che connotano lo status giuridico delle persone con disabilità è ancor più necessaria.

Il volume, nella sua impostazione, è coerente con il proprio titolo: ai tre termini presenti nella prima parte del titolo (disabilità, diritto, giustizia) corrispondono infatti i tre capitoli in cui si articola il lavoro. Il volume, come sottolineato dall’Autrice stessa, segue l’andamento espositivo che connota alcuni scritti di Brunella Casalini e Maria Zanichelli, pur giungendo, ovviamente, a conclusioni proprie. Dopo aver chiarito, in una sintetica introduzione, alcuni punti preliminari, l’Autrice – dottore di ricerca presso l’Università di Palermo e attualmente assegnista in filosofia del diritto presso l’Università di Ferrara – si occupa, nel primo capitolo, della ricostruzione del concetto di disabilità, passando puntualmente in rassegna i modelli emersi nel corso del tempo, da quello medico-individualista, a quello sociale (nelle sue varianti statunitense e britannica), al paradigma culturale e ai paradigmi intermedi (quello critico-realista e quello biopsicosociale, trattati congiuntamente nonostante i rispettivi elementi di originalità). L’esposizione di Maria Giulia Bernardini non è però priva di spirito critico, sia nei confronti di alcuni autori che maggiormente risentono dello scorrere del tempo (si vedano, in proposito, le notazioni critiche allo struttural-funzionalismo di Talcott Parsons ed all’interazionismo simbolico di Ervin Goffman), sia per quanto concerne alcune prese di posizione ricorrenti nel dibattito scientifico (è questo il caso del paradigma dei diritti umani, cui l’A. muove delle obiezioni a pp. 64-72).

Il capitolo dedicato alla giustizia non è meno denso. La matassa dipanata dall’Autrice parte dalla tradizione contrattualista, per poi toccare l’egualitarismo liberale di John Rawls e di Ronald Dworkin, giungendo poi alla discussione della teoria delle capabilities (come messa a punto dal filosofo ed economista indiano Amartya Sen e da Martha C. Nussbaum); tuttavia, nel secondo capitolo sono centrali la teoria femminista e la teoria dell’etica della cura. Con riferimento a quest’ultima, non mancano notazioni circa le frizioni cui essa ha dato luogo nell’ambito dei Disabilities Studies, per la difficile conciliabilità con la prospettiva teorica del modello sociale di matrice inglese. Il capitolo si chiude con un’analisi del concetto di vulnerabilità, recentemente analizzato anche in una prospettiva più strettamente costituzionalistica (si veda da ultimo S. Rossi, Forme della vulnerabilità e attuazione del programma costituzionale, in Rivista AIC, 2/2017); il tema della vulnerabilità della persona con disabilità verrà poi ripreso anche nel III capitolo.

Il II capitolo si chiude quindi con la constatazione che il riconoscimento delle persone con disabilità come soggetti di giustizia non può non aprire nuove prospettive per la loro autonomia, a lungo considerata solamente nel prisma del paradigma medico-individuale.

Il terzo capitolo è dedicato alle persone con disabilità come soggetti di diritto: l’intenzione dell’A. è quindi è verificare la presenza della soggettività disabile all’interno della sfera giuridica. Il capitolo prende le mosse dalla fiducia nel diritto e nei diritti espressa da Norberto Bobbio e da un notissimo scritto di Jacobus tenBroek, pubblicato a metà degli anni ’60; poi si passa alla disamina dell’approccio biopolitico foucaultiano (assai diffuso nei disability studies ma non immune da punti deboli, come evidenziato a pp. 186-188) e si toccano il rapporto fra diritto ed eugenetica e quello fra diritto ed esclusione. I paragrafi centrali del III capitolo sono dedicati alla già citata Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, al diritto dell’Unione europea e alle “luci e ombre” dell’ordinamento italiano; per quanto concerne il contesto italiano, è riservata una particolare attenzione all’istituto dell’amministrazione di sostegno. Infine, Maria Giulia Bernardini va ad affrontare il tema della capacità giuridica della persona con disabilità, adottando quale punto di riferimento l’art. 12 della Convenzione ONU; in particolare, trovano spazio una disamina degli strumenti del substitute e del supported decision making e l’analisi critica del concetto di indipendenza presente all’interno della Convenzione ONU (in particolare, si pensi all’art. 19 della Convenzione stessa, dedicato alla vita indipendente). Al termine del III capitolo, l’A. constata la pluralità dei possibili piani per una definizione della soggettività giuridica delle persone con disabilità: la prospettiva delineata a partire dall’opera di Michel Foucault permette di concentrarsi sulla negazione dei diritti, mentre quella tracciata prendendo le mosse da Norberto Bobbio consente di collocare la garanzia dei diritti in un contesto giuridico multilivello. Infine, le teorie critiche consentono di riflettere su come la moderna costruzione del soggetto di diritto sia stata, di per sé stessa, escludente. Proprio la necessità di arricchire la riflessione giuridica contemporanea con il portato degli studi riconducibili alle “teorie critiche del diritto” è la nota con cui si chiude il volume; ed effettivamente, proprio alla luce di tale esigenza, la lettura del libro di Maria Giulia Bernardini è indubbiamente preziosa per chi intenda studiare i diritti delle persone con disabilità, sia nell’ambito del diritto costituzionale italiano ed europeo, sia nell’ambito del diritto internazionale.