Un delicato bilanciamento. La sentenza 278 della Corte costituzionale

Con una sentenza dalla motivazione chiara e concisa, la Corte costituzionale torna su di una norma che coinvolge il bilanciamento tra diritti fondamentali delicatissimi. La questione verteva sulla norma di legge che esclude che il figlio adottivo possa accedere alle informazioni sulle proprie orgini nel caso in cui il genitore naturale abbia deciso di non rendere note le proprie generalità ai fini degli atti di stato civile. A detta del giudice a quo, la norma, non contemplando la possibilità che tale scelta del genitore venga modificata col passare degli anni, comportava una lesione del diritto fondamentale alla identità personale, alla salute (con riferimento all’accesso ad informazioni mediche relative al genitore naturale), oltre che una discriminazione rispetto alla situazione di altri figli adottivi ed una violazione dell’art. 117 Cost., sotto il profilo della violazione dell’art. 8 Cedu.

Nella sentenza 278 del 2013, la Corte ribalta il proprio precedente sul punto (sent. 425 del 2005), anche in ragione della giurisprudenza frattanto maturata a Strasburgo (Godelli c. Italia, 25 settembre 2012). In quella sentenza, infatti, la Corte europea aveva censurato la normativa italiana, pur in presenza di una forte divergenza in seno agli Stati membri sul punto: lo Stato che intenda tutelare la privacy e l’anonimato del genitore naturale è comunque chiamato a garantire procedure idonee a verificare la reversibilità della decisione di anonimato assunta a suo tempo dal genitore (sul punto, Butturini, in Forum di Quaderni Costituzionali).

Per quanto interessa in particolare il nostro blog, si può osservare che la Cedu non è qui evocata come norma interposta per risolvere la questione in termini di compatibilità-incompatibilità, ma come elemento di una argomentazione più larga, che perviene, attraverso un dispositivo additivo molto ricco, ad un bilanciamento equitativo pienamente convincente per tutti gli interessi coinvolti: per la Corte, la norma è incostituzionale nella parte in cui esclude che il genitore naturale venga interpellato dal giudice circa la possibilità di revoca della dichiarazione di anonimato.

Occorrerà capire come un procedimento di tal genere possa essere stabilito in assenza di una disciplina legislativa ad hoc, pure richiamata come necessaria nel dispositivo della sentenza ma di certo di non facile adozione in tempi circoscritti. Ma sicuramente in casi come questi, in cui è necessario scendere su di un terreno più raffinato dalla mera declaratoria di incostituzionalità, le virtualità dell’uso della Convenzione e della giurisprudenza di Strasburgo in termini di ausilio interpretativo sono ben maggiori rispetto alla sua meccanica adozione quale parametro interposto. E’ senz’altro vero che la semplice adesione al giudicato Cedu avrebbe consentito alla Corte costituzionale di pervenire al medesimo risultato attraverso il solo richiamo all’art. 117. Ma la scelta di argomentare per diritti fondamentali – interpretati anche in ragione del contributo proveniente da Strasburgo – appare decisamente più convincente, arricchendo la Costituzione e il giudizio di costituzionalità.