Un paso adelante? Una breve riflessione sulla crisi costituzionale spagnola

Durante la recente crisi costituzionale spagnola, conclusasi lo scorso 9 gennaio con l’insediamento dei quattro nuovi giudici costituzionali, maggioranza e opposizione hanno offerto uno ‘spettacolo penoso’ per la democrazia scambiandosi accuse ‘infamanti e irresponsabili’(v. M.Aragón). Tali accuse tradiscono un’esasperazione riguardo al tema della nomina delle istituzioni di garanzia che non può essere compresa senza una breve spiegazione degli antefatti.
Tutto ha avuto inizio il 4 dicembre 2018, allo scadere del mandato dei venti membri del Consejo General del Poder Judicial (CGPJ) – l’organo di governo del potere giudiziale – che per effetto di una rischiosa ma non incostituzionale (v. STC 108/1986) interpretazione dell’Art. 122.3 della Costituzione Spagnola (CS) – è interamente nominato dalle due camere a maggioranza qualificata di 3/5. Contrariamente ad una consolidata – e invero assai criticata – pratica consistente in una lottizzazione delle nomine concordata tra Partito Popolare e Partito Socialista, in questa occasione, nelle due camere, non si è riusciti a raggiungere alcun accordo sui candidati. A partire dal 5 dicembre 2018 il CGPJ ha quindi iniziato a svolgere le sue funzioni in regime di prorogatio, regime in cui perdura a tutt’oggi.
In questi quattro anni, i gruppi parlamentari della maggioranza (PSOE e Podemos) hanno formulato diverse proposte di riforma del sistema di elezione del CGPJ, che vale la pena passare brevemente in rassegna.
Tale rassegna deve iniziare con la proposta di riforma della Ley Organica 6/1985 che disciplina l’organizzazione del potere giudiziario, presentata il 13 ottobre 2020 congiuntamente da PSOE e Podemos. Questa iniziativa parlamentare, per quanto qui più interessa, mirava a ridurre, in seconda votazione, la maggioranza richiesta per l’elezione dei dodici giudici del CGPJ da tre quinti a assoluta – per i restanti otto membri é la stessa Costituzione all’Articolo 122 a prevedere la maggioranza qualificata dei tre quinti. Evidentemente una simile proposta, che avrebbe permesso alla maggioranza di nominare autonomamente la maggioranza dei membri dell’organo deputato a garantire l’indipendenza della magistratura, non ha mancato di attirare le critiche delle istituzioni europee, in particolare della Commissione Europea, che da ultimo hanno convinto i partiti di governo ad abbandonare la proposta.
A questo tentativo abortito di riforma del sistema di elezione del CGPJ, seguono due anni di relativa calma durante i quali, ad ogni buon conto, due leggi organiche (LO 4/2021 e LO 8/2022) approvate dalla maggioranza di sinistra sono andate a incidere sui poteri del CGPJ in regime di prorogatio. Con la prima (LO 4/2021) si impediva al CGPJ in prorogatio di nominare presidenti e giudici del Tribunal Supremo, i presidenti dei tribunali inferiori e soprattutto i due giudici costituzionali di cui  spetta la nomina ex Articolo 159.1 CS. Appena un anno più tardi, il 27 luglio 2022, tuttavia quest’ultima limitazione viene rimossa dalla LO 8/2022, dato che nel frattempo, il 12 giugno 2022, era scaduto il mandato di quattro dei dodici giudici che compongono il Tribunale Costituzionale, tra cui appunto i due di spettanza del CGPJ, oltre ai due di nomina governativa.
Si riproduce così nel CGPJ, composto da dieci membri di orientamento conservatore e sette di orientamento progressista, lo stallo verificatosi in parlamento, con le due fazioni che non riescono a trovare un accordo su due candidati capaci di ottenere la maggioranza dei 3/5 del CGPJ richiesta dall’Articolo 559 della Ley Organica 1/1985 (LOPJ), che disciplina l’organizzazione del potere giudiziario. Il blocco nel rinnovo del CGPJ si inizia pertanto a ripercuotere anche sul supremo interprete della Costituzione.
Si arriva quindi al 15 dicembre, quando il calendario del Congresso prevedeva la discussione di alcune modifiche al Codice penale, tra cui l’abrogazione del reato di sedizione. Due emendamenti presentati da PSOE e Podemos, avevano tuttavia un diverso oggetto: la modifica del succitato Articolo 599 della LOPJ e della LO 2/1979 che disciplina il funzionamento del Tribunale Costituzionale. Il primo emendamento intendeva riformare l’art. 599.1.1 della LOPJ, prevedendo che, tre mesi dopo la fine del mandato del precedente CGPJ, se il quorum dei tre quinti per l’elezione dei giudici costituzionali non fosse  raggiunto al primo scrutinio, al secondo scrutinio sarebbero stati  eletti i due candidati più votati limitando altresì ad una le preferenze esprimibili da ciascun votante. Con il secondo, si mirava ad abrogare gli articoli 2.1.g e 10.1.i della LO 2/1979 che prevede lo scrutinio preventivo da parte del plenum del Tribunale Costituzionale sull’idoneità dei magistrati costituzionali nominati.
Le opposizioni decidono quindi di impugnare i due emendamenti attraverso un ricorso di amparo, lamentandone la disomogeneità rispetto al testo emendando – o sia il Codice penale – e sollecitando altresì al giudice costituzionale l’adozione di una misura cautelare consistente nella sospensione del procedimento legislativo. Il 19 dicembre, il plenum del Tribunale Costituzionale, integrato anche dai due giudici ‘scaduti’ di nomina del CGPJ e i due del governo – questi ultimi oggetto di un’istanza di ricusazione per carenza di imparzialità da parte di Podemos – decide di dichiarare ammissibile il ricorso, concedendo altresì la misura cautelare richiesta – ossia la sospensione del procedimento legislativo – apprezzando un rischio verosimile di violazione dell’Articolo 23 CS (https://www.tribunalconstitucional.es/NotasDePrensaDocumentos/NP_2022_105/NOTA%20INFORMATIVA%20N%C2%BA%20105-2022.pdf).
La maggioranza, nonostante le pesanti critiche provenienti da figure di primo piano, tra cui presidenti delle due camere (https://elpais.com/espana/2022-12-19/meritxell-batet-alerta-del-peligro-de-deslegitimacion-de-las-instituciones.html), decide di rispettare la decisione del TC, abbandonando, perlomeno per il momento, anche questa iniziativa di riforma. Evitato il pericolo di una escalation della crisi, il 27 dicembre il CGPJ, dando finalmente mostra di responsabilità istituzionale, ha eletto all’unanimità i giudici costituzionali di sua spettanza, un giudice conservatore e uno progressista del Tribunale Supremo. Il successivo 29 dicembre, il Tribunale Costituzionale, sempre all’unanimità, ha approvato i due candidati proposti dal CGPJ e i due candidati di nomina governativa, che hanno prestato giuramento davanti al Re il 31 dicembre e sono entrati in carica il 9 gennaio scorso. Il Tribunale Costituzionale risulta quindi adesso essere composto da sette giudici progressisti e quattro conservatori – si attende ancora la nomina da parte del Senato del sostituto di Alfredo Montoya Melgar ritiratosi il 28 luglio 2022 per motivi di salute.
Parendo scongiurato il rischio di una “polacchizzazione” delle dinamiche istituzionali spagnole, pare opportuno riflettere sulle conseguenze a lungo termine della passata crisi.
Con uno sguardo ottimista, non si può fare a meno di riconoscere come i campanelli d’allarme agitati dall’accademia e la società civile quando il blocco istituzionale ha minacciato il supremo interprete costituzionale abbiano funzionato (v. J.M. Castellà,), permettendo il rinnovamento in tempi relativamente rapidi del Tribunale Costituzionale.
Deve essere inoltre valutata positivamente l’innovativa decisione del 19 dicembre del Tribunale Costituzionale di sospendere il procedimento di approvazione dei due emendamenti sopra citato, ravvisando una possibile violazione del diritto dei cittadini a prendere parte alle decisioni pubbliche attraverso i loro rappresentanti sancito dall’Articolo 23 CS. Tale decisione, che per la prima volta ha sospeso un procedimento legislativo nazionale, che riafferma il fondamentale principio della soggezione della volontà della maggioranza alla Costituzione, potrà costituire un valido precedente contro futuri abusi del procedimento legislativo da  parte della maggioranza di turno (v. A. Ruiz Robledo).
D’altro canto, non si può ignorare come a tutt’oggi non si intraveda all’orizzonte la possibilità che nei due rami del parlamento si giunga ad un accordo sulla nomina dei venti membri del CGPJ. Durante questo prolungato stallo, le istituzioni europee, in particolare la Commissione Europea (https://commission.europa.eu/publications/2022-rule-law-report-communication-and-country-chapters_en=) e il GRECO del Consiglio d’Europa (https://www.coe.int/en/web/greco/-/spain-publication-of-5th-evaluation-round-compliance-report), hanno più volte invitato maggioranza e opposizione a trovare un accordo per nominare il nuovo CGPJ, criticando altresì duramente il procedimento stesso di nomina per non garantire adeguatamente l’indipendenza della magistratura, favorendo al contrario la sua politicizzazione. Ciò nonostante, l’opposizione si è finora rifiutata di procedere al rinnovamento del CGPJ senza prima modificarne il sistema di nomina, mentre la maggioranza progressista insiste sulle necessità di preliminarmente sbloccare le nomine.
Con questo intento, la maggioranza ha avanzato diverse proposte per superare l’impasse istituzionale attraverso meccanismi anti-blocco, che non sembrano però andare nella giusta direzione, consistendo essenzialmente in un abbassamento della maggioranza qualificata necessaria per l’elezione del CGPJ. Proposte che intendano eliminare o bypassare tale requisito, oltre ad essere contrarie agli standard europei, sono sintomi preoccupanti di un fraintendimento del ruolo delle istituzioni di garanzia e di disprezzo del ruolo delle minoranze, e minacciano di aggravare il processo di erosione della democrazia spagnola.
In conclusione, la via d’uscita più desiderabile sembra essere un accordo consensuale di maggioranza e opposizione con il quale si proceda a nominare il nuovo CGPJ e contestualmente riformare il sistema di nomina in accordo con gli standard europei (v. J. Tajadura), i quali prevedono una procedura di nomina che garantisca la partecipazione delle minoranze e al contempo prevenga la politicizzazione dell’organo di governo dei giudici assicurando che il potere giudiziale nomini una maggioranza dell’organo (https://www.venice.coe.int/webforms/documents/CDL-AD(2007)028.aspx). Questa riforma è indispensabile per proteggere la democrazia spagnola da eventuali future tentazioni illiberali e perché i cittadini spagnoli possano recuperare la fiducia nel loro sistema giudiziario – secondo l’EU Justice Scoreboard 2022 più del 50% della popolazione spagnola considera i giudici spagnoli non indipendenti (https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/policies/justice-and-fundamental-rights/upholding-rule-law/eu-justice-scoreboard_en). Invertire queste percentuali sarebbe un vero paso adelante.