La teoria dei controlimiti riletta alla luce del Trattato di Lisbona: un futuro non diverso dal presente?

È noto che le infausti sorti della c.d. Costituzione europea hanno portato alla redazione del Trattato di Lisbona, intorno al quale si è coagulato un consenso e una comunione di intenti che non avevano accompagnato le vicende della prima.
Già nella Costituzione europea si era avuta quella che è stata efficacemente chiamata “europeizzazione dei controlimiti” (art. I-5), pur se accompagnata dal ribadito principio del primato del diritto comunitario su quelli nazionali (art. I-6). Come tutti sanno, il Trattato firmato a Lisbona ha nella sostanza riprodotto, al suo interno, anche se con poche e non rimarchevoli differenze, i precetti contenuti nella Costituzione in discorso; questo, infatti, è accaduto anche con riferimento all’art. I-5, ora trasfuso nell’art. 4 del Trattato in parola, che enuncia il principio del doveroso rispetto da parte dell’UE nei confronti dei principi di struttura degli Stati. Si osservi, inoltre, che tra le altre disposizioni che potrebbero richiamarsi, anche l’art. 67, I comma, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (ex art. 61 del TCE) ribadisce il “rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti e tradizioni giuridiche degli Stati membri” cui è tenuta l’UE, al fine di “realizza[re] uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia”.

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