Book Review: F. Capone, Reparations for Child Victims of Armed Conflicts (Intersentia, 2017)

A partire dalla metà del XX secolo, si è registrato un incremento crescente di vittime civili nel contesto dei conflitti armati, siano questi internazionali o interni. La categoria maggiormente colpita è rappresentata dai bambini, non più spettatori passivi, ma destinatari e autori delle atrocità commesse durante le ostilità.
Francesca Capone, ricercatrice di diritto internazionale, coordinatrice del master in Human Rights and Conflict Managment nonché docente presso la Scuola Superiore Sant’Anna, esamina con sguardo critico l’attuale regime internazionale riguardante il diritto alla riparazione spettante ai bambini vittime di conflitti armati.
Il lavoro, nato dalla necessità di colmare il vuoto presente in letteratura in materia di riparazioni nel contesto della giustizia di transizione, mira in particolare ad analizzare se ai bambini vittime di conflitti armati siano o meno riconosciute forme di riparazioni adeguate, rapide ed efficaci. A tal fine, il primo capitolo dell’opera fornisce una panoramica generale del problema ed illustra ragioni, scopo e struttura del libro. A questa introduzione segue il corpo del testo, diviso in due parti. La prima è dedicata all’esame del quadro teorico e normativo, composto dal diritto internazionale dei diritti umani, dal diritto internazionale umanitario e dal diritto internazionale penale; la seconda parte, invece, si concentra sul funzionamento dei meccanismi di implementazione e sui tipi di riparazione attribuiti. Nell’ultimo capitolo, infine, sono tracciate brevi conclusioni.
Con riguardo alla prima parte, tra la pluralità dei profili affrontati meritano particolare attenzione l’analisi delle caratteristiche peculiari dei soggetti considerati, il tema della responsabilità dei gruppi armati non statali e l’accento posto sul carattere potenzialmente trasformativo delle riparazioni.
Il primo profilo è trattato nel secondo capitolo, i cui primi paragrafi sono dedicati alla mancanza di una definizione omogenea di vittima nel quadro giuridico di riferimento e all’evoluzione storico-normativa dell’affermazione dei diritti del fanciullo, con particolare attenzione alle disposizioni della Convenzione sul Diritti del Fanciullo in materia di riparazione. In riferimento ai connotati specifici dei bambini vittime di violazioni nel contesto di conflitti armati, l’autrice sottolinea la necessità di considerare sia la loro particolare vulnerabilità, derivante dal rischio di poli-vittimizzazione, sia la loro resilienza (par. 2.4). Queste caratteristiche rendono unica non solo l’intera categoria dei child victims, ma anche ogni singolo individuo appartenente alla stessa. All’indiscussa vulnerabilità fa da contrappeso la resilienza di questi soggetti, solo recentemente oggetto di studi. Come chiarito dall’autrice, questi due concetti rappresentano la chiave di volta della scelta dei rimedi più idonei a riparare il danno subito dagli individui considerati (pagg. 45-46). Inoltre, la resilienza svolge un ruolo cruciale nella riflessione relativa all’opportunità che gli Stati adottino sistemi nazionali di giustizia minorile durante la fase post-bellica: questa soluzione, salutata positivamente dall’autrice, viene proposta a conclusione di un’analisi lucida della pluralità di posizioni riguardanti la dicotomia victim-perpetrator riferita ai bambini soldato (para. 2.6.3).
Il secondo aspetto spinoso affrontato nella prima parte della monografia riguarda i soggetti in capo ai quali vige l’obbligo di riparazione. Ci si riferisce, nello specifico, alla possibilità che i gruppi armati non non-statali coinvolti nelle ostilità siano ritenuti responsabili per la violazione di norme relative alla tutela internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale umanitario (para. 3.3.2.1). Il testo sottolinea come, sebbene in astratto tali soggetti siano responsabili per tali violazioni e, quindi, obbligati a provvedere alla conseguente riparazione, la prassi al riguardo risulta quanto meno scarsa (pag. 98). Segnatamente, sono due i profili di spicco: innanzitutto, i caratteri specifici di quella che Moffett definisce “organisational” responsibility richiedono una soluzione de lege ferenda che stabilisca degli appositi meccanismi attivabili dalle vittime di simili violazioni (pagg. 100-101); in seconda battuta, si solleva la questione inerente la mancanza di capacità e di risorse di tali soggetti nel provvedere alle riparazioni. La soluzione delineata in riferimento a tale ultimo problema risulta innovativa: l’autrice, infatti, partendo dal presupposto che la carenza di disponibilità economiche non giustifica il mancato adempimento del dovere riparatorio nei confronti delle vittime, giunge a proporre un intervento statale in via sussidiaria laddove i gruppi armati non statali, obbligati principali, non siano in grado di sostenere le spese correlate alle misure riparatorie (pagg. 102-103).
La terza tematica rientra nel più vasto argomento riguardante forma e scopo delle riparazioni da riconoscere ai bambini vittime di violazioni nel contesto dei conflitti armati. In particolare, dopo aver evidenziato l’inadeguatezza del rispristino dello status quo ante laddove la vittimizzazione dei soggetti sia stata agevolata proprio dalle condizioni preesistenti (para. 4.1.1) e aver delineato la distinzione cruciale tra riparazioni e altre misure assistenziali (para. 4.3), l’autrice pone in rilievo la necessità di operare una riconsiderazione delle misure riparatorie in chiave sia rimediale sia preventiva. Chiarendo come sia più corretto riferirsi alla potenzialità trasformativa di ogni misura riparatoria piuttosto che di trasformative reparations per se (pag. 135), il lavoro illustra come ciascuna modalità sia potenzialmente idonea ad evitare il ripresentarsi dei presupposti concreti che hanno favorito la commissione degli illeciti, portando a sostegno della propria tesi esempi concreti.
La seconda parte del libro, come anticipato, si occupa degli aspetti pratici, esaminando le modalità di implementazione della normativa precedentemente analizzata. In particolare, l’indagine copre i meccanismi quasi-giudiziari e giudiziari presenti a livello internazionale e regionale, nonché i meccanismi non giudiziari. Inoltre, si prendono in considerazione le specifiche forme di riparazione riconosciute. Nonostante l’analisi critica, attenta ad avanzare dubbi, l’autrice non manca di elogiare i pregi della prassi applicativa esaminata, salutando con favore alcuni degli orientamenti sviluppati dagli organi considerati. Con riguardo a tale sezione, non ci si può esimere dal riferire alcune note sul caso Lubanga, all’approccio della Corte Inter-Americana dei Diritti dell’Uomo e ai programmi di disarmamento, demobilizzazione e reintegrazione (DDR), a cui alle volte si aggiunge anche l’aspetto riabilitativo (DDRR).
Per quanto riguarda lo scenario internazionale, come anticipato, merita di essere menzionata l’analisi minuziosa del caso Lubanga dinanzi alla Corte Internazionale Penale (para. 5.3.3.3), caratterizzata anche per il maggiore interesse dimostrato nei confronti dei bambini colpiti da simili illeciti. Nello specifico, l’opera chiarisce come, nonostante gli sforzi compiuti, si sia ancora lontani dal raggiungere un equilibrio tra interesse superiore del fanciullo e diritto al giusto processo (pag. 168). Con riferimento alla sentenza adottata dall’Appeals Chamber e all’ipotesi dell’eventuale futura istituzione di una specialized Reparation Chamber, permangono forti perplessità relative all’effettivo beneficio che le vittime potrebbero trarre da un simile cambiamento, considerando che lo scopo prioritario della Corte resta l’attribuzione di responsabilità per i crimini commessi e non il riconoscimento di riparazioni (pag. 181).
A proposito dello scenario regionale, il focus è posto sul sistema africano e inter-americano. In particolare, l’opera illustra i caratteri positivi dell’approccio creativo della Corte Inter-Americana dei Diritti dell’Uomo (para. 6.3.2). Il lavoro pone in luce sia il forte interesse dimostrato dalla Corte nei confronti delle vittime sia il significativo contributo apportato al discorso in materia di riparazioni collettive e simboliche, anche grazie allo sviluppo dei concetti di life plan/project of life e aggravated State responsibility (pagg. 204-205).
Infine, con riferimento ai meccanismi non giudiziari che hanno affrontato il tema delle riparazioni a riconoscere ai bambini vittime di violazioni nel contesto dei conflitti armati, la monografia si concentra sul ruolo ricoperto dai DDR(R), con riferimento ai casi specifici di Liberia e Sierra Leone (para. 7.5). Uno dei profili messi in evidenza dall’autrice riguarda la specifica situazione delle bambine vittime di violazioni nel contesto dei conflitti armati. Gli aspetti considerati sono due. Il primo riguarda la difficoltà di entrare nel programma: le bambine, avendo svolto ruoli diversi dalla partecipazione attiva ai combattimenti, la maggior parte delle volte risultano non rispondere ai criteri stabiliti per godere delle misure predisposte. Il secondo profilo concerne l’efficacia di tali programmi laddove sia presente un forte rischio di stigmatizzazione o esclusione dovuto all’aver subito violenza sessuale. Rispetto a tale tema, l’autrice sottolinea l’importanza svolta dai welcome rituals organizzati dalle comunità di appartenenza e dalle famiglie delle vittime, volti proprio a facilitare la reintroduzione e reintegrazione nel tessuto sociale (pagg. 237-238).
Per concludere, si può affermare con certezza che l’opera appare esaminare con successo la contraddizione tra l’indiscussa autonomia della categoria di violazioni commesse nei confronti dei bambini nel contesto dei conflitti armati e il mancato sviluppo di un regime internazionale che consenta l’adozione di misure riparatorie di prevenzione ed intervento. Non può tacersi, peraltro, come l’articolazione degli argomenti che procede dal generale al particolare e la costante relazione di continuità tra regime normativo e prassi applicativa consentano anche al lettore meno esperto della materia di comprendere a pieno l’analisi svolta e le ragioni delle valutazioni avanzate. Inoltre, il lavoro pone l’accento sull’inesistenza di un sistema capace di garantire forme di riparazioni adeguate, rapide ed efficaci che tengano in debito conto la peculiarità dei bisogni dei bambini vittime di simili violazioni, fornendo una panoramica al contempo complessiva e capillare di un ramo del diritto che, nonostante le sue problematicità, non era stato ancora oggetto di studi congrui all’importanza rivestita dal tema, soprattutto in considerazione degli sviluppi che hanno interessato i conflitti armati in epoca moderna e contemporanea.