L’Inflation Reduction Act: a chi si rivolgono le misure approvate dal Congresso statunitense in tema di imposizione fiscale, salute ed energia pulita?

Con l’approvazione dell’Inflation Reduction Act (IRA) da parte del Congresso statunitense, avvenuta all’esito delle votazioni del 7 agosto 2022 al Senato e del 12 agosto 2022 alla Camera dei Rappresentanti, l’Amministrazione Biden ha raggiunto un fondamentale obiettivo del proprio programma politico.
Il clamore suscitato dall’approvazione della legge, senz’altro nell’ambito dell’opinione pubblica interna, ma altresì tra gli osservatori e i commentatori internazionali, è dovuto a una molteplicità di ragioni. In primo luogo, l’IRA costituisce il punto di arrivo di lunghi e tortuosi negoziati che, pur a seguito dei pesanti ridimensionamenti subiti dalle proposte iniziali, sono giunti al superamento complessivo delle resistenze opposte più o meno pretestuosamente in Senato da alcuni esponenti che si sono mostrati restii dinnanzi alle misure proposte, specie riguardo agli aumenti all’imposizione fiscale e al correlato passaggio all’energia pulita. In secondo luogo, anche a voler prescindere dal rilievo del risultato sul piano politico, gli interventi prospettati sono visti come un eccezionale passo in avanti per la progressiva riduzione delle emissioni inquinanti a livello globale, nucleo essenziale dell’IRA, cui si accinge peraltro uno dei Paesi maggiormente responsabili delle condotte nocive. La legge, infine, non si limita a introdurre disposizioni legate alla salvaguardia dell’ambiente e al controllo del clima, ma contiene anche provvedimenti volti a ridurre i costi della tutela della salute e a riformare le strutture a dir poco obsolete dell’amministrazione tributaria del Paese.
Ebbene, per comprendere l’effettiva portata delle misure proposte, e per ricostruire il quadro dei benefici che queste possono concretamente apportare, è opportuno esaminarne alcuni profili cruciali.

Imposizione fiscale.
Alla riforma in ambito tributario è dedicato il Title I – Subtitle A dell’IRA, rubricato “Deficit Reduction” e costituito da tre diverse parti: “Corporate Tax Reform”, “Excise Tax On Repurchase Of Corporate Stock” e “Funding The Internal Revenue Service And Improving Taxpayer Compliance”.
Mentre le prime due parti delineano le tanto auspicate riforme dedicate, rispettivamente, all’introduzione di un’aliquota fiscale minima del 15% per le società con entrate annuali superiori al miliardo di dollari, e all’imposizione di un’accisa dell’1% sull’acquisto di azioni proprie, la terza parte riguarda interamente le misure di riorganizzazione dell’Internal Revenue Service (IRS), agenzia federale preposta alla gestione e al controllo degli adempimenti tributari.
L’indifferibilità dei provvedimenti volti a migliorare il funzionamento dell’IRS emerge con tutta evidenza in un articolo dal titolo assai suggestivo, accompagnato da un reportage fotografico altrettanto eloquente, pubblicato dal Washington Post all’indomani del voto del Senato. Del resto, se le istituzioni che curano la riscossione delle tasse sono in affanno per la complessità delle leggi da applicare e per l’arretratezza degli strumenti a disposizione, non possono che intensificarsi anche le difficoltà incontrate dal Governo federale nel reperimento delle risorse necessarie per finanziare interventi di sostegno di qualsiasi tipo.
Proprio alla luce di tali difficoltà, la legge in commento assegna all’agenzia circa 80 miliardi di dollari da distribuire in alcune aree di intervento espressamente indicate: il miglioramento dei servizi ai contribuenti, le attività di monitoraggio e di enforcement, l’ammodernamento degli uffici e degli strumenti operativi, lo sviluppo e la diffusione di tecnologie informatiche di supporto.
Secondo quanto prospettato dai promotori della riforma, dal solo miglior funzionamento dell’IRS nelle attività di riscossione potrebbero derivare decine di miliardi di dollari di nuove entrate.

Salute.
Il Subtitle B, rubricato “Prescription Drug Pricing Reform”, contiene le disposizioni volte a ridurre il costo di alcuni medicinali di particolare rilievo, obiettivo impellente anche alla luce del pesante aumento dell’inflazione negli ultimi tempi.
Nella prima parte, “Lowering prices through drug price negotiation”, si introducono modifiche al Social Security Act e si affida al Segretario del Department of Health and Human Services (DHHS) il compito di selezionare i medicinali da tutelare e di avviare negoziazioni con i relativi produttori al fine di concordare un prezzo massimo di vendita. Il prezzo offerto dal Segretario, tuttavia, non può andare oltre certi limiti indicati dalla legge, ed è prevista la possibilità di concludere un accordo per definire i poteri di monitoraggio sul rispetto del prezzo fissato. Le violazioni vengono comunque assoggettate ad apposite sanzioni, anche sotto forma di un aumento dell’imposizione, e i poteri di sindacato amministrativo e giurisdizionale sulle determinazioni assunte in questo contesto vengono sensibilmente limitati.
La seconda parte, “Prescription Drug Inflation Rebates”, disciplina nel dettaglio lo scambio di informazioni tra il DHHS e i produttori di medicinali il cui costo è in parte coperto dal programma Medicare, prevedendo meccanismi di aggiustamento per i casi di carenza di medicinali e di aumento dei prezzi in misura superiore all’inflazione.
Nella terza parte, “Improvements and Maximum Out-of-Pocket Cap for Medicare Beneficiaries”, viene fissato il tetto di 2,000 dollari all’anno per la spesa dei medicinali sostenuta da coloro che beneficiano delle previsioni di cui alla Parte D del Medicare, a partire dal 2025. Si tratta, invero, di una misura drastica e ampiamente dibattuta, la cui applicazione resta dunque assai incerta.
Seguono poi una quarta parte che riguarda il “Continued Delay Of Implementation Of Prescription Drug Rebate Rule” e una quinta parte rubricata “Miscellaneus”, in cui sono contenute importanti disposizioni relative alla copertura totale dei costi dei vaccini per adulti nell’ambito della Parte D del Medicare, nonché del Medicaid e del Children's Health Insurance Program (CHIP); si introduce, inoltre, un tetto di 35 dollari al costo mensile dell’insulina per i pazienti che beneficiano del Medicare.
Il Subtitle C, “Affordable Care Act Subsidies” introduce, infine, una proroga ai sussidi volti a ridurre il costo del premio assicurativo nell’ambito dell’Affordable Care Act fino al 2025 per i contribuenti il cui reddito non supera la soglia del 400% del Federal Poverty Level.

Energia pulita.
Il Subtitle D, “Energy Security” contiene le modifiche alla legge tributaria federale (l’Internal Revenue Code del 1986) volte a stimolare la transizione verso l’energia pulita. Il governo prevede consistenti investimenti, tanto sotto forma di erogazioni dirette quanto sotto forma di crediti di imposta, da distribuire in molteplici attività: creazione di infrastrutture a zero emissioni, maggior ricorso all’energia nucleare, efficientamento degli edifici e diffusione dei veicoli elettrici.
Senza soffermarsi, in questa sede, sulle cifre di spesa stimate e sulle percentuali dei tagli alle emissioni prospettate (dati ampiamente diffusi e generalmente commentati con soddisfazione dagli esperti) è interessante evidenziare quali siano i destinatari dei benefici economici, da un lato, e i poteri riconosciuti alle istituzioni preposte all’applicazione delle disposizioni e al monitoraggio sul loro rispetto, dall’altro.
Quanto al primo aspetto, lo strumento principale proposto nella legge è senz’altro il credito di imposta, strumento che, notoriamente, si esplica in una delega degli interventi di efficientamento per lo più all’iniziativa dei privati. Anche i sussidi previsti, d’altro canto, intervengono a ridurre i costi delle tecnologie meno inquinanti (dai fornelli a induzione ai pannelli solari), ma lasciano una parte non indifferente della spesa pur sempre a carico di ciascun consumatore. Nella Sezione 13103, tuttavia, si introducono apprezzabili disposizioni volte a stimolare la diffusione dell’energia solare ed eolica nell’ambito delle comunità a basso reddito tramite bonus più generosi. Nel Title III, inoltre, si fa riferimento a prestiti e sussidi a fondo perduto finalizzati all’efficientamento delle abitazioni, da assegnare secondo programmi stabiliti dal Segretario di riferimento (Secretary of Housing and Urban Development) e nelle disposizioni successive vengono istituiti specifici fondi per promuovere la transizione ecologica delle comunità tribali.
Con riferimento al ruolo delle istituzioni nel controllo sugli interventi prospettati, se è vero che la legge assegna ingenti risorse a diverse agenzie (in primis Environmental Protection Agency, National Oceanic and Atmospheric Administration, Council on Environmental Quality) al fine di vigilare sull’implementazione dei progetti, le disposizioni circa i poteri concreti di queste ultime appaiono tutt’altro che chiare e definite. Invero, all’indomani di un’ennesima sentenza esautorante pronunciata dalla Corte Suprema, il legislatore avrebbe potuto disporre deleghe più precise: all’EPA vengono affidati, ad esempio, compiti generici come “provide for the development of efficient, accurate, and timely reviews for permitting and approval processes” o “develop and carry out a program … for construction materials used in transportation projects”, compiti il cui esatto contenuto rischia di diventare oggetto del judicial review tendenzialmente limitante delle Corti federali.

Di particolare interesse risultano, infine, le disposizioni che prevedono investimenti finalizzati alla tutela e all’ampliamento delle aree verdi e delle aree costiere del Paese, sebbene tali investimenti possano ritenersi esigui in confronto alle reali necessità e al budget complessivo previsto per la riforma.
Attraverso le diverse misure introdotte dall’Inflation Reduction Act, dunque, il Governo statunitense ha inteso dare una (forse solo iniziale) risposta a diverse delle istanze non più rinviabili del nostro tempo. La scelta politica sembra essersi indirizzata verso obiettivi di redistribuzione, pur in considerazione dei pesanti tagli che le misure, come inizialmente concepite, hanno dovuto subire al fine di convincere fino all’ultimo dei quarantotto democratici al Senato, il cui voto, sommato a quello dei due senatori indipendenti e della Vicepresidente Kamala Harris, ha consentito di superare l’opposizione compatta dei cinquanta senatori repubblicani.
Resta tuttavia il dubbio circa il reale peso di un simile intervento nel contesto statunitense: potrebbe rappresentare, certo, un significativo passo verso un cambio di rotta epocale, ma potrebbe altresì rimanere un isolato tentativo di salvataggio in extremis, se non mera lettera morta, incapace di incidere davvero sulle diseguaglianze strutturali e sugli abusi spregiudicati che appaiono radicati nel Paese.
Invero, mentre in tema di imposizione fiscale e di tutela della salute la legge in commento promuove un rafforzamento delle istituzioni, nell’ambito del contrasto al cambiamento climatico il coinvolgimento dei poteri pubblici risulta solo marginale. Il Governo statunitense indica una rotta, offre degli stimoli per intraprenderla e si dota finanche delle risorse necessarie per sostenerla, ma il ruolo più rilevante nel passaggio dai discorsi programmatici alle azioni concrete è, ancora una volta, devoluto espressamente agli operatori del mercato. A questi ultimi vengono infatti affidate le attività cruciali per realizzare gli obiettivi prospettati: lo sviluppo responsabile di progetti sostenibili, la sana gestione degli investimenti e l’efficiente realizzazione dei piani di intervento tanto nel breve quanto nel lungo periodo.


Alabama Association of Realtors v. Department of Health and Human Services: la pronuncia della Corte Suprema degli Stati Uniti sulle moratorie stabilite dal CDC

Nel 2016, la pubblicazione di un significativo lavoro di ricerca condotto dal sociologo Matthew Desmond ha messo in evidenza i drammi e le storture che caratterizzano le vicende legate agli sfratti negli Stati Uniti. Nel lavoro, che gli è valso il premio Pulitzer, l’autore descrive lucidamente il rapporto tra la quasi morbosa ricerca del profitto nel settore del real estate e la condizione spesso ineluttabile di povertà e disagio in cui si trovano le persone che subiscono gli sfratti, specie nelle aree più depresse del Paese. Una condizione che risulterebbe essere, in numerosissimi casi, la diretta conseguenza della perdita della propria abitazione più che la causa di quest’ultima (così recita la motivazione del Pulitzer).
Con l’aggravarsi dell’emergenza sanitaria Covid-19, vicende analoghe a quelle denunciate da Desmond rischiavano di moltiplicarsi in modo esponenziale. Ebbene, la prospettiva del crollo dell’economia e delle conseguenti difficoltà anche nel pagamento dei canoni di locazione, insieme con la valutazione dei pericoli per la salute pubblica derivanti dal prospettato aumento delle persone costrette a vivere in strada o in affollate strutture di accoglienza perché impossibilitate a sostenere i costi degli affitti, ha indotto il Congresso a includere una moratoria sugli sfratti nel più ampio CARES Act del 27 marzo 2020. La moratoria, tuttavia, contemplava una durata di soli 120 giorni ed era indirizzata esclusivamente alle persone inserite in un housing program, ai destinatari di un rural housing voucher e ai titolari di mutui ipotecari sostenuti dal Governo federale: in sostanza, alle persone che pagano per la propria abitazione - in parte - grazie ai sussidi federali.
Alcune settimane dopo la scadenza del termine fissato, in risposta ad un Executive Order con cui il Presidente Trump aveva chiesto di valutare la necessità di reintrodurre misure temporanee per fermare gli sfratti, il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) ha introdotto una nuova moratoria con durata estesa al 31 dicembre 2020 e riferita a tutti gli immobili ad uso abitativo del Paese. La nuova moratoria era destinata a chi (1) si era attivato, per quanto possibile, al fine di ottenere sussidi da parte del Governo; (2) aveva un reddito annuale inferiore ad una determinata soglia; (3) era impossibilitato a pagare il canone a causa di situazioni eccezionali; (4) offriva pagamenti anche parziali in base alle proprie possibilità; e (5) non disponeva di altre soluzioni abitative. I requisiti indicati dovevano formare oggetto di una specifica dichiarazione, sottoscritta dai conduttori e consegnata ai locatori, ove si affermava altresì la consapevolezza del termine della moratoria e del fatto che quest’ultima non faceva venire meno l’obbligo del pagamento dei canoni. Peraltro, la moratoria non copriva gli sfratti posti in essere per ragioni diverse dalla morosità nei pagamenti, ma faceva salva l’applicabilità di tutele equivalenti o migliori previste nei singoli Stati.
Il CDC, agenzia federale incardinata nel Department of Health and Human Services (HHS), ha fondato la propria legittimazione ad adottare la misura descritta sul §361(a) del Public Health Service Act del 1944, che autorizza l’HHS ad emanare i provvedimenti ritenuti necessari per prevenire l’introduzione, la trasmissione o la diffusione di malattie infettive; la disposizione elenca alcune misure esemplificative (ispezioni, disinfestazioni, distruzione di oggetti ritenuti contaminati o pericolosi) cui si aggiungono espressamente “altre misure ritenute necessarie”.
Con il Consolidated Appropriations Act del 21 dicembre 2020 il Congresso ha prorogato di un mese il provvedimento del CDC; l’agenzia ha poi ulteriormente esteso la misura dapprima fino a marzo, poi fino a giugno, e ancora fino a luglio 2021.
Sulla questione della legittimità degli interventi del CDC, come prevedibile, è sorto un nutrito contenzioso che ha diviso le corti.
Il giudizio che ha aperto l’iter processuale in commento è stato attivato nei confronti della penultima proroga, da parte un gruppo di agenti immobiliari che ha lamentato violazioni dell’Administrative Procedure Act (APA), nonché del Regulatory Flexibility Act e di diverse disposizioni costituzionali (tra cui Takings Clause e Due Process). In primo grado, la District Court del Distretto di Columbia si è concentrata sul profilo della legittimazione (excess of statutory authority, §706(2)(C) dell’APA) e ha concluso che il Public Health Service Act non autorizza affatto il CDC a imporre una moratoria sugli sfratti (appendix D).
A seguito dell’impugnazione da parte dell’HHS, la District Court ha concesso la sospensione dell’esecutività della sentenza in applicazione del four-factors test ricavato dalle pronunce della Corte Suprema Hilton v. Braunskill, 481 U.S. 770 (1987) e Nken v. Holder, 556 U.S. 418 (2009), che impone di valutare (1) la probabilità di successo dell’impugnazione; (2) la probabilità di un danno irreparabile derivante dall’esecuzione della sentenza in pendenza del giudizio di impugnazione; (3) gli eventuali interessi confliggenti; e (4) l’interesse pubblico (appendix B). Peraltro, nella valutazione circa la probabilità di successo dell’impugnazione, riferendosi al profilo della legittimazione del CDC la stessa District Court ha riconosciuto la sussistenza di una “serious legal question on the merits”.
Le parti vittoriose nel giudizio di merito hanno quindi proposto appello per ottenere l’annullamento della sospensione, appello tuttavia respinto prima dalla Court of Appeals del D.C. Circuit (appendix A) e poi anche dalla Corte Suprema con la pronuncia del 29 giugno 2021.
A seguito dell’emanazione di una nuova proroga, che ha esteso la moratoria fino al mese di ottobre, gli agenti immobiliari hanno ripercorso tutti i gradi di giudizio chiedendo nuovamente l’annullamento della sospensione, nelle more della definizione del giudizio di merito presso la Court of Appeals. La sentenza in commento, pubblicata il 26 agosto, si colloca all’apice di questo ulteriore filone processuale.
La Corte, nell’opinione redatta per curiam dalla maggioranza conservatrice, ha ripreso il four-factors test e ha riconosciuto alle parti appellanti un’alta probabilità di successo nel giudizio di merito, tanto da giustificare il venir meno della sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado. Secondo l’interpretazione accolta dalla maggioranza, il §361(a) del Public Health Service Act non affida all’HHS i poteri in esame, poiché l’esemplificazione delle misure nella seconda parte della disposizione vale a limitare il novero degli interventi esperibili; a tale àmbito ristretto devono pertanto attenersi anche le “altre misure ritenute necessarie”. A parere dei giudici, se si avallasse una diversa lettura si riconoscerebbero all’HHS poteri abnormi, con esiti prospettati come catastrofici (“free grocery delivery to the homes of the sick or vulnerable … free computers … free high-speed internet … ?”).
Il fulcro della decisione è dunque la delegittimazione dell’autorità amministrativa coinvolta, peraltro in linea con una ben nota tendenza. Solo marginalmente si è discusso dell’incisività delle misure adottate sul diritto di proprietà: dapprima per indicare che, oltre che su interessi economici, la moratoria stabilita dal Governo federale si ingerisce in un’area di competenza statale, ossia la disciplina del rapporto tra locatore e conduttore (rilievo che la stessa maggioranza ha tuttavia superato in altre controversie ove, peraltro, poteva risultare maggiormente pertinente); poi, in chiusura, per riconoscere che i locatori sono stati esposti al rischio di un danno irreparabile, che molti di loro hanno disponibilità modeste e che i provvedimenti del CDC hanno realizzato un’intrusione rispetto ad uno degli elementi fondamentali della proprietà: il right to exclude.
A differenza di quanto ha fatto la Corte costituzionale italiana in una recente pronuncia, l’opinione della maggioranza conservatrice non ha affrontato neanche superficialmente la questione della sussistenza di ragioni di necessità e urgenza tali da esigere le moratorie e le successive proroghe, tantomeno ha riconosciuto margini di tollerabilità alla compressione delle prerogative proprietarie. Si è affermato, tutt’al più, che è compito del Governo e del Congresso concedere ulteriori erogazioni di fondi per affrontare le difficoltà dovute alla pandemia, o introdurre legislativamente nuove moratorie, ove ciò si ritenga opportuno, poiché nonostante l’interesse pubblico al contenimento dei contagi l’ordinamento non permette che una agency agisca illegittimamente, anche laddove persegua finalità desiderabili.
Sull’illegittimità delle misure contestate e sul bilanciamento degli interessi in gioco si sono pronunciati diversamente i tre giudici dell’ala liberal.
L’opinione dissenziente redatta da Justice Breyer ha voluto leggere nel Public Health Service Act un’ampia legittimazione: anzitutto, si è osservato che il legislatore avrebbe potuto escludere espressamente alcune tipologie di intervento, ove avesse voluto; poi, si è ritenuto che l’esemplificazione proposta non abbia affatto respinto, bensì espressamente avallato, le misure che incidono sui diritti di proprietà. Si è affermata, inoltre, l’esigenza di confrontare il pregiudizio economico arrecato ai locatori con i ben più gravi esiti dell’eliminazione della moratoria, peraltro alla luce del vertiginoso aumento dei contagi registrato nel mese di agosto.
Un ulteriore rilievo potrebbe aggiungersi, allora, alle parole di Breyer: se è vero che provvedimenti come quelli oggetto della pronuncia in commento si prestano ad abusi, e che senza le entrate derivanti dalle locazioni per alcune famiglie viene meno una necessaria fonte di sostentamento, è altrettanto vero che la rinuncia ad interventi di sostegno - di qualsiasi tipo, da qualsiasi soggetto - fa sì che le responsabilità e le conseguenze non solo economiche di simili perdite ricadano esclusivamente sulle fasce più svantaggiate della popolazione, già duramente colpite dai rovinosi effetti della pandemia.