Brexit

Molti, pur deprecando la scelta di uscire dalla UE, hanno espresso il loro rispetto per la democrazia inglese, che ha offerto ai cittadini la possibilità di scegliere il corso del proprio futuro. Se però con “democrazia” non si intende solo il meccanismo per cui la maggioranza decide, ma piuttosto un sistema di freni e contrappesi, in cui congegni contro-maggioritari danno voce a tutti le componenti dello stato, allora la qualità democratica della Brexit è davvero bassa. L’articolo 50 del Trattato di Lisbona conferisce agli stati membri il diritto di recedere dalla UE “conformemente alle proprie norme costituzionali”, tentare un negoziato e, se questo fallisce, recedere comunque entro due anni. Si tratta di una novità nell’architettura europea: i Trattati istitutivi delle Comunità e dell’Unione non disciplinavano la facoltà di recesso, e non contenevano clausole di denuncia, circostanza che era sempre stata interpretata nel senso della irreversibilità del processo di integrazione. L’aver introdotto il diritto di recesso costituisce quindi una rottura, anche simbolica, di non poco conto. Il fatto che l’esercizio di questo diritto sia praticamente incondizionato, lo ha trasformato in una bomba dagli effetti devastanti.

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