Comparazione e diritto europeo

L’approccio allo studio del “diritto europeo”, una formula con la quale si è soliti designare oramai non solo il diritto dell’Unione Europea, ma una rete di ordinamenti nata da svariate forme di cooperazione tra stati e di interdipendenze tra i relativi ordinamenti, ha seguito lo sviluppo dei processi di integrazione sovranazionale in Europa dalla seconda metà del secolo XX. A me sembra di poter individuare, in questo complesso itinerario di formazione di un “diritto comune europeo” almeno tre fasi. La prima, aperta dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950 e dai trattati istitutivi delle comunità europee, è stata caratterizzata dalla prevalenza dell’approccio internazionalistico offerto dal diritto dei trattati e dal diritto delle organizzazioni internazionali. La seconda, sviluppatasi all’indomani del Trattato di Maastricht nel quadro delle spinte al rafforzamento dell’integrazione comunitaria, è stata caratterizzata da una presenza crescente della dottrina costituzionalistica europea, sospinta da graduali ma lineari sviluppi “prefederali” affermatisi con le riforme incrementali dei trattati a saggiare criticamente la funzionalità delle categorie del diritto pubblico dello stato nazione nel quadro dell’esperienza di un multilevel constitutionalism. Questo approccio “costituzionalistico” allo studio dell’ordinamento europeo, il quale si è spinto a ricostruire gli assetti istituzionali dell’Ue secondo paradigmi di stampo più o meno decisamente federalista, è apparso negli ultimi anni, se non recessivo, sicuramente più problematico, poichè è stato investito dagli effetti della crisi economica globale, che ha per un verso reso più stringenti per gli stati i vincoli di bilancio imposti dalla governance europea, e per altro verso ridato forza all’originario paradigma intergovernativo, con ricadute complessive non solo contraddittorie, ma contrastanti con le prospettive di un compiuto federalismo sovranazionale, come hanno dimostrato le controversie anche giurisprudenziali degli aiuti alla Grecia e delle OMT della BCE.

In questa cornice, ha invece trovato spazi crescenti un terzo approccio alla comprensione dell’ordinamento europeo, quello che investe il campo dei diritti fondamentali. Dalla bioetica ai diritti politici, dai diritti sociali ai diritti del mercato regolato al panorama variegato dei “diritti identitari” (in campo culturale, sessuale, religioso), fino alle tante ricadute del tema della dignità dell’uomo, non più confinato nell’orizzonte culturale tedesco che lo ha per decenni egemonizzato, il campo dei diritti fondamentali è oggi non solo segnato da sfide che investono tutto lo spazio pubblico europeo, ma si pone altresì come luogo di confluenza di culture e tradizioni giuridiche storicamente differenti e come sempre più affollato luogo di confronto tra le corti europee. Si delinea pertanto in Europa un “diritto comune” dei diritti fondamentali, segnato dall’esigenza di preservare l’unità ed il particolarismo dell’esperienza giuridica europea. In una cornice  che favorisce sinergie virtuose tra giusprivatisti e giuspubblicisti e soprattutto valorizza in modo decisivo gli strumenti della comparazione giuridica.

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Intervento al Convegno
“I confini del diritto privato europeo”
Roma, 5 giugno 2015