E’ brevettabile ciò che esiste in natura? Una controversia irrisolta nella giurisprudenza recente statunitense e australiana

1. Negli anni recenti, le conoscenze derivate dal sequenziamento dell’intero genoma umano hanno aperto la strada a nuove prospettive per la prevenzione dei tumori e di altre gravi malattie, alla diagnostica e alla individuazione di nuovi bersagli terapeutici. A queste scoperte, hanno contribuito non solo enti pubblici, ma anche alcuni consorzi privati, in particolare negli USA. Questi ultimi, avendo investito ingenti capitali per le scoperte, rivendicano ora la possibilità di profitto sulle loro invenzioni. Si assiste pertanto ad un inevitabile conflitto tra progresso scientifico-tecnologico da una parte, e necessità di regolamentare il profitto dei privati che investono nello stesso, in particolare quando la natura dei brevetti è il genoma umano. Le due recenti sentenze delle corti americana e australiana, relative alla brevettabilità del DNA umano, sono assai esplicite in questo senso.

2. Myriad, una società privata americana attiva nel settore delle biotecnologie scopre nel 1990 la sequenza di due geni (BRCA1 e BRCA2). Le mutazioni di questi geni identificano una popolazione ad aumentato rischio di sviluppare il cancro del seno e dell’ovaio. Myriad ha messo a punto dei test per la identificazione delle mutazioni di BRCA1 e BRCA2. Noti in passato solo agli addetti ai lavori, questi due geni sono di recente balzati agli onori della cronaca quando l’attrice Angelina Jolie ha rivelato di essersi sottoposta a un intervento di doppia mastectomia preventiva dopo aver scoperto di essere portatrice della mutazione, proprio come sua madre morta di tumore al seno nel 2007.

Nel 1995 Myriad inoltra la richiesta di brevettabilità del test per le mutazioni BRCA1 e BRCA2. Va aggiunto che anche enti pubblici di ricerca avevano contribuito alla scoperta, ma Myriad – cercando di trarre il massimo profitto dalla vicenda – si arrogò il diritto di avere tutta la paternità dei test diagnostici. Contro la richiesta di brevetto fece ricorso alla corte distrettuale di New York un consorzio di medici, genetisti, ricercatori, associazioni femminili e donne malate di cancro al seno.

Nel 2009 la Corte Distrettuale di New York rigetta la richiesta di brevetto adducendo la motivazione che non si può brevettare un prodotto già esistente in natura (i geni e le loro mutazioni esistono in natura e non sono un prodotto dell’uomo; in pratica non c’è invenzione). Uno degli aspetti più problematici della faccenda riguarda la difficoltà nel fissare una linea di confine chiara tra quello che può essere considerato una “scoperta” e ciò che può dirsi una “invenzione”; questa distinzione risulta centrale in quanto, nella maggior parte degli ordinamenti, la possibilità di poter ottenere un brevetto dipende proprio dal fatto che ciò per cui si richiede la brevettabilità venga considerato prodotto dall’uomo, dunque un’invenzione, oppure qualcosa già esistente in natura, dunque una scoperta. In genere, seppure con le debite differenze, dottrina e giurisprudenza consolidate concordano nel ritenere la scoperta non brevettabile a differenza dell’invenzione che viene ritenuta frutto dell’ingegno umano.

Myriad fa ricorso in appello contro la sentenza della Corte Distrettuale. La Corte di Appello Federale (con 2 voti a favore ed uno contro) si pronuncia – a favore di Myriad – che le molecole di DNA erano brevettabili poiché i metodi per il loro isolamento sono frutto della invenzione dell’uomo.

Il 13 giugno 2013 la Corte Suprema americana sancisce all’unanimità che i brevetti sui geni non sono ammissibili perché i geni esistono in natura; i geni non possono essere brevettati per il semplice fatto che si è inventato un metodo per isolarli. E’ una sentenza storica.

3. In Australia M. D’Arcy, una paziente sopravvissuta al tumore del seno, e l’associazione Cancer Voices of Australia presentano un ricorso contro Myriad sulla brevettabilità dei due geni che viene respinto, ed a seguito di ciò ricorrono alla Corte Federale.

Nel Settembre 2014, con una decisione unanime e largamente preannunciata, i 5 membri della Corte Federale australiana stabiliscono che l’isolamento di porzioni di DNA è frutto di invenzione e può essere brevettabile. Dunque i giudici australiani giungono a conclusioni diametralmente opposte rispetto alla Corte Suprema americana. La decisione della Corte è in realtà in linea con una tendenza della giurisprudenza australiana che si è sempre mostrata riluttante a escludere le invenzioni in ambito medico dalla brevettabilità.

La domanda che è sottintesa nel caso in questione, secondo la giurisprudenza australiana, è se un acido nucleico naturale ma isolato sia una “materia di fabbricazione” (“matter of manufacture”) ai sensi della sezione 6 dello Statuto di Monopolio (Art.18(1)(a) della legge dei brevetti). In base alla giurisprudenza di questo Paese, la sentenza National Research Development Corporation v Commissioner of Patents (NRDC) decreta che la “materia di fabbricazione” è un’invenzione utile che produce un vantaggio materiale e ha un significato economico per il Paese. 
La Corte australiana ha richiamato la posizione della giurisprudenza esistente e ha brevemente analizzato la legislazione europea e statunitense in merito alla brevettabilità del materiale genetico, oltre a uno speciale riferimento al contenzioso di Myriad negli Stati Uniti e alla decisione della Corte d’Appello del Circuito Federale che ha ritenuto validi i brevetti contestati. Tuttavia, la Corte ha dichiarato che tale decisione non fornisce un contributo rilevante a nessuna delle parti in causa, perché la legge australiana è diversa dalla legge americana e si fonda su un differente sistema probatorio.

La Corte concludeva che, nonostante il DNA e l’RNA naturali non possano essere oggetto di brevetti, il contenzioso non riguarda il DNA o RNA naturale, bensì una “questione di fabbricazione”.

4. Esistono due importanti precedenti sentenze su temi analoghi. Anzitutto Sidney A. Diamond v. Ananda M. Chakrabarty (1980), la sentenza con cui la Corte Suprema degli Stati Uniti diede per la prima volta il permesso di brevettare organismi geneticamente modificati. Chakrabarty era riuscito, tramite tecniche di ingegneria genetica a modificare un batterio per renderlo capace di degradare i prodotti del petrolio. La corte suprema decretò che l’invenzione era brevettabile visto che si trattava del prodotto dell’ingegno umano, benché materia vivente. Dunque per la prima volta si decretava che la materia vivente fosse brevettabile. Quindi, il ricorso presso il Tribunale Europeo di Strasburgo di Eurocord v. Biocyte (Indiana University) del 1996. La Biocyte richiedeva di brevettare l’uso terapeutico del sangue di cordone ombelicale, ma il ricorso dell’ associazione scientifica Eurocord veniva accettato dalla Corte Europea sulla base della mancanza di originalità del brevetto presentato da Biocyte. Tale sentenza della Corte Europea avrebbe in seguito avuto anche importanti ripercussioni in Itali ai fini della regolamentazione  per l’uso di cellule staminali da cordone (decreto del Min Salute del 2007).

Tornando al DNA, il quesito se sia ammissibile o no brevettare i geni BRCA1 e BRCA2, rivendicati da Myriad, ha interessato le comunità scientifiche, legali e bioetiche in Europa, negli Stati Uniti e in Australia. In Europa, l’E.P.O. ha concesso brevetti su entrambi i geni, oltre a un brevetto relativo al metodo per la diagnosi  di cancro al seno e all’ ovaio. In base all’attuale sistema europeo, tali brevetti possono essere contestati solo a livello nazionale.

Come prevedibile, la sentenza della Corte Suprema americana ha sollevato un vivace dibattito tra eminenti esperti di diritto costituzionale e diritto comparato. Ad esempio G.F. Ferrari sottolinea la difficoltà della materia per via del ritardo del legislatore spesso incapace di stare al passo con gli sviluppi della scienza. Secondo Ferrari, inoltre “la Corte Suprema Americana opta chiaramente per mantenere il livello di analisi sul solo piano della normativa brevettuale, senza addentrarsi sul terreno del diritto costituzionale. I problemi della libertà di iniziativa economica, della protezione della ricerca, dello stimolo alla concorrenza, che probabilmente in una corte costituzionale europea sarebbero messi in prima fila e piegati ad operazioni di bilanciamento di principi e valori, qui vengono lasciati sullo sfondo, ben dietro la disciplina federale dei marchi e brevetti, che si tratta di interpretare”.

A detta di Casonato, il ritardo del legislatore non dipende dal rapido progresso tecnologico quanto dalla difficoltà di trovare un giusto mezzo tra modelli etici, religiosi e ideologici di fronte a materie capaci di ”evocare la struttura morale di ognuno e di coinvolgere la coscienza individuale”. Inoltre, Agosta, pur non riferendosi al caso specifico di Myriad ma, più generalmente alle sfide poste in essere dalla rivoluzione biologica, ha sostenuto che la sfida del diritto è quella di “dipensare un minimum di certezza (se pur dovendosi obbligatoriamente accontentare che essa si dimostri, appunto, solo convenzionalmente raggiunta). Solo così facendo, il diritto può aspirare – se non ad inventare quanto meno – a riequilibrare quella endemica discordanza con la medicina […]”.

In un campo che ha posto, da subito, diverse problematiche interpretative e inaugurato scenari globali che sono andati oltre i singoli ambiti nazionali, l’analisi giuridica si è scontrata con numerose difficoltà: prima di tutto ogni singolo ordinamento ha dovuto tenere in considerazione la dimensione internazionale e sovranazionale nel quale si muove la scienza applicata, quindi ha dovuto fare i conti con la difficoltà di individuare principi che fossero universalmente condivisi; in grado, cioè, di fissare dei limiti e delle norme circa la libertà della ricerca e dello sfruttamento delle scoperte e delle invenzioni biotecnologiche.

Considerando le varie posizioni espresse al riguardo, bisogna sottolineare come il tema della biogenetica e della brevettabilità del DNA o di altro materiale biologico (es. cellule del cordone ombelicale) resti una questione aperta e controversa, come chiaramente dimostrato dai differenti esiti delle sentenze americana e australiana. E’ inoltre facilmente prevedibile il ricorso avverso quest’ultima sentenza presso la corte suprema australiana.

Il problema di fondo, resta insito nel fatto che la brevettabilità di organismi viventi (soprattutto se di provenienza umana) sottendono una sorta di ribaltamento dei valori che possono scivolare verso forme di mercificazione della vita. Come giustamente osserva Lucchi “nel settore delle bioscienze, la logica proprietaria non è in grado di risolvere la questione essenziale del coniugare ricerca, innovazione e diritti della persona”. Da quanto osservato in queste note finali non si può che concludere che lo sforzo innovativo e di adeguamento ai tempi, al fine di regolamentare una materia così tanto complessa, debba essere necessariamente condotto da tutti gli attori in campo, in particolare scienziati ed inventori, legislatore e giurista, lasciando all’accademico la libertà di disquisire sul tema.

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