La resistenza delle Small Claims Class Actions: brevi riflessioni a margine di Campbell-Ewald Co. v. Gomez

1. Il caso. La Corte Suprema degli Stati Uniti d’America si è espressa su un certiorari inoltratole dalla Corte d’appello del Nono Circuito, a sua volta chiamata a decidere su due questioni, sorte nell’ambito di una class action ancora non certified, proposta dal sig. Gomez nei confronti di una compagnia telefonica (la Campbell Ewald Co.), appaltatrice della Marina militare statunitense.

La pretesa fatta valere in giudizio dal plaintiff aveva ad oggetto il risarcimento del danno patito per essere stato destinatario di messaggi promozionali dell’attività della Marina Militare, senza aver prestato il proprio consenso (opt-in); la Marina aveva stipulato un accordo con la compagnia di telecomunicazioni per la diffusione di messaggi di testo (s.m.s.) da inviare, mediante compositore automatico, ai numeri di telefono cellulare di cittadini americani di età compresa tra i diciotto e i ventiquattro anni, con finalità, per così dire, di marketing.

L’attore, promuovendo una class action su scala nazionale, lamentava di non rientrare nella fascia d’età oggetto dell’accordo e di non aver mai prestato il proprio consenso alla ricezione dei messaggi in questione e, per questo, chiedeva un relief basato sulla violazione del Telephone Consumer Protection Act, consistente nel pagamento di 1.500,00 dollari per ogni s.m.s. ricevuto (in realtà ne aveva ricevuto soltanto uno), oltre alle spese ulteriori e agli attorney fees; prima che scadesse il termine per la richiesta di certification, la compagnia telefonica proponeva al (non ancora representative) plaintiff un accordo contenente un’offerta integralmente satisfattiva della sua pretesa; il rifiuto dell’offerta esponeva l’azione alla mootness, vale a dire alla carenza di interesse a proseguire il giudizio, interpretata alla stregua del canone del cases and controversies dell’Art. III della Costituzione federale statunitense.

La corte distrettuale ravvisava inoltre un’immunità dell’appaltatore di tipo derivative, derivante cioè da quella del committente (la United States Navy gode dell’immunità rispetto alle violazioni del Telephone Consumer Protection Act).

La Corte d’appello del Nono circuito riformava la decisione inducendo la CambellEwald Co. a promuovere il certiorari.

2. Le questioni decise. La Corte Suprema, investita di un writ of certiorari, esprime due principi:

a) Il rifiuto di un’offerta formulata in corso di causa, ancorché integralmente satisfattiva della pretesa individuale del claimant, non fa venire meno l’interesse ad agire con le forme dell’azione di classe in capo all’attore e ad ottenere la certification.
b) Al contrario del Governo Federale e delle sue Agencies, gli appaltatori (federal contractors) non godono di un’immunità assoluta; in particolare, l’appaltatore che agisce semplicemente sotto la direzione del Governo potrebbe essere sottratto alla giurisdizione e alla responsabilità delle sue azioni ma, qualora abbia agito al di là dei limiti imposti dal committente o in sua violazione, non può invocare la derivative immunity.

3. L’impatto sulle small claim class actions. Non c’è dubbio che la decisione della Corte Suprema si segnali all’attenzione soprattutto con riferimento al primo principio, la cui importanza risiede nel garantire nuova linfa alle azioni di classe, sottraendo alla disponibilità delle parti «abituali» (cfr. M. Galanter, Why the «haves» come out ahead: speculations on the limits of legal change, in Law & Society, 1974, 95) il potere di far inceppare il meccanismo della class action proponendo al representative plaintiff un complete relief prima della certification, al solo fine di invocare la mootness e quindi di ottenere il dismissal of the case.

E’ noto che, accanto alla doctrine of standing e alla doctrine of ripeness, in base alla quale si richiede che l’azione esercitata debba avere ad oggetto una controversia concretamente esistente e non basata solamente su futuri rischi o violazioni, la doctrine of mootness, di diretta derivazione dal principio costituzionale del cases and controversies, sia stata utilizzata come strumento per far venir meno l’interesse ad agire o a proseguire un giudizio (J.V. Burns, Standing and Mootness in Class Actions: a Search for Consticency, in 22 U.C. Davis Law Review, 1989, 1239).

In particolare, la Corte aderisce, nella maggioranza dei suoi componenti, all’interpretazione prevalente e più moderna della Rule 68 delle Federal Rules of Civil Procedure (su cui v. J. Horowitz, Rule 68: The Settlement Promotion Tool That has not Promoted Settlements, in 87 Denv. U. L. Rev., 485 (2010)).

La norma, comunemente intesa come finalizzata a favorire il raggiungimento di settlements, attraverso un’accorta combinazione di incentivi per le parti accettanti e sanzioni per quelle che rifiutano offerte che equivalgono il massimo risultato conseguibile in sede di judgment, viene calata nel contesto della class action in un passaggio della motivazione particolarmente significativo: «While a class lacks independent status until certified […], a would-be class representative with a live claim of her own must be accorded a fair opportunity to show that certification is warrented».

Le ragioni storiche per cui una norma, che dal 1938 è rimasta invariata e che ha dato una pessima prova di sé, rispetto ad una finalità però grandemente fraintesa (v., amplius, R.G. Bone, To Encourage Settlement: Rule 68, Offers of Judgment, and the History of the Federal Rules of Civil Procedure, in 102 Nw. U. L. Rev., 1561 (2008)), sono perfettamente note alla Corte Suprema che sceglie di qualificare un’offerta non accettata come una legal nullity.

Se, secondo il contract law, il rifiuto di un settlement è irrilevante, tanto da non produrre effetti, vieppiù nessun effetto si produce sul processo, con buona pace di quanti ambiscono a restringere il canone della justiciability del case or controversy (v., sulla doctrine of justiciability, Flast v. Cohen, 392, U.S. 83, 99 (1968)).

Se gli spazi di applicazione della Rule 68 non appaiono in grado di determinare la mootness di un’azione di classe, sembra – per il momento – scongiurato il rischio di un disinnesco di tutte le small claim class actions operato mediante un’offerta in grado di pareggiare il massimo risultato economico conseguibile dal representative (o would-be representative) plaintiff.

L’impressione, da più parti condivisa (v. R.G. Bone, American Class Actions Under Siege: Does the Therapy Fit the Pathology?, relazione svolta in occasione del convegno «Azione di classe: fisiologia, patologie e terapie», tenutosi presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi Roma Tre il 14 novembre 2014, accessibile al seguente link, http://bit.ly/1AgZN13), è che non sia ancora giunto il momento di intonare il de profundis della class action.