Allen v. Milligan: la Corte Suprema USA conferma (inaspettatamente) la propria giurisprudenza sulla Sezione 2 del VRA

Lo scorso 8 giugno, la Corte Suprema si è pronunciata (5-4) su Allen v. Milligan, un caso di racial gerrymandering in cui i giudici di Washington hanno confermato la Sezione 2 del Voting Rights Act (VRA), che proibisce l’adozione di qualsiasi legge, pratica o suddivisione in collegi da cui possano derivare violazioni del diritto di voto fondate sull’appartenenza etnica dei cittadini. La Corte Suprema ha infatti confermato l’impostazione assunta dal un tribunale di grado inferiore che aveva sospeso la mappa elettorale dell’Alabama, ridisegnata in seguito al censimento del 2020, per violazione della citata Sezione 2 del VRA. L’Alabama è fra quegli Stati che hanno alle spalle una storia di forte discriminazione razziale: si pensi che, solo nel 1992, una controversia sulla Sezione 2 del VRA, che contestava il disegno dei voting districts, ha portato alla creazione del primo collegio a maggioranza nera dello Stato e al primo rappresentante nero dal 1877. A partire dagli anni Novanta, la mappa dell’Alabama per eleggere i rappresentanti dei cittadini al Congresso è rimasta piuttosto simile, sennonché, l’adozione della nuova congressional map, da parte dei repubblicani, ha previsto, su sette collegi, un solo collegio in cui gli elettori neri costituiscono la maggioranza, a fronte della crescita a circa il 27% della popolazione nera potenzialmente votante. La nuova mappa sarebbe stata messa a punto in modo tale da concentrare un elevato numero di elettori appartenenti alle minoranze etniche in un solo collegio, disperdendoli invece nei restanti sei, così diminuendo l’incidenza del loro voto, nonostante la crescita in termini numerici.
La Corte Suprema ha quindi affermato che la state legislature dell’Alabama, nel ridisegnare la voting map del Congresso, ha intenzionalmente “diluito” il potere degli elettori appartenenti alle minoranze. Il Presidente della Corte Suprema Roberts, che spesso ha preso posizione nel senso della limitazione della portata del VRA e si è dimostrato in certe occasioni piuttosto scettico rispetto alle ricadute del racial gerrymandering, ha invece scritto l’opinione di maggioranza, in cui sostiene che il fattore etnico può influire nel ridisegno delle mappe elettorali, condividendo la posizione della componente liberale della Corte, le giudici Sotomayor, Kagan e Brown Jackson, nonché del giudice Kavanaugh.
L’esito di Allen v. Milligan giunge inaspettato: in molti temevano che la decisione avrebbe ulteriormente scalfito la portata del VRA, che rappresenta il manifesto del movimento per i diritti civili degli anni Sessanta e che negli ultimi dieci anni è stato più volte portato all’attenzione della Corte. Nel 2013, nella sentenza Shelby County v. Holder (5-4), la Corte Suprema aveva dichiarato l’incostituzionalità della Sezione 5 e della Sezione 4(b) del VRA, che prevedevano che gli Stati con un passato di discriminazione razziale dovessero sottoporre ad un controllo preventivo del governo federale le leggi in materia elettorale, al quale potevano sottrarsi solo dopo dieci anni di elezioni svolte senza criticità. La stessa maggioranza, l’anno successivo, sovvertirà la tradizionale giurisprudenza della Corte in materia di garanzie del procedimento elettorale, dichiarando, in McCutcheon et al. v. Federal Election Commission, l’incostituzionalità la norma del FECA (Federal Election Campaign Act) che limita le donazioni da parte dei privati per campagne elettorali (su cui si veda il post di Buratti su questo blog).
Ritornando alla decisione assunta dalla Corte in Shelby County: secondo il Presidente Roberts, estensore dell’opinione di maggioranza, le sopra citate previsioni del VRA avrebbero costituito una «strong medicine» per rispondere ad una situazione di discriminazione allora sussistente negli anni Sessanta, ma non più riscontrabile in quei termini. La decisione aveva però assicurato che la Sezione 2 del VRA sarebbe rimasta in vigore per presidiare i diritti di voto. Nel 2021, nella decisione Brnovich et al. v. Democratic National Committee (su cui si veda un precedente post comparso in questo blog) la Corte Suprema aveva interpretato restrittivamente la Sezione 2 del VRA, ritenendo legittime (6-3) le limitazioni al diritto voto introdotte dal parlamento statale dell’Arizona, anche in questo caso controllato dai repubblicani, di fatto limitando la capacità di contestare le restrizioni al voto degli appartenenti alle minoranze.
Nonostante la configurazione a maggioranza conservatrice della Corte, Allen v. Milligan ha mantenuto la sua tradizionale giurisprudenza sulla Sezione 2 del VRA, lasciandone per ora intatta la fisionomia. Il Presidente della Corte Suprema ha scritto che vi sono legittime preoccupazioni che, attraverso il ridisegno delle mappe elettorali, il fattore etnico possa influire sull’allocazione del potere politico nei diversi Stati. Infatti, la decisione in commento, che impone all’Alabama di disegnare un secondo collegio in cui gli elettori appartenenti alle minoranze possano eleggere i loro rappresentanti, avrà anche un notevole impatto su altri Stati del Sud, in particolare la Louisiana e la Georgia, che prossimamente potrebbero dover ridisegnare le loro congressional maps per rafforzare il peso del voto degli appartenenti alle minoranze. Kavanaugh, pur votando per la maggioranza, ha presentato un’opinione separata, in cui afferma che il suo orientamento potrebbe non rimanere lo stesso in futuro. Il giudice Thomas ha presentato invece una decisa dissenting opinion, totalmente o parzialmente condivisa dai giudici Alito, Gorsuch e Coney Barrett. Secondo Thomas, la posizione espressa dalla maggioranza non serve a rimediare, né a scoraggiare, eventuali discriminazioni contrarie alla Costituzione nel ritaglio dei collegi, intervenendo anzi nel ridisegno dei collegi secondo l’intento, ritenuto privo di fondamento costituzionale, di assegnare proporzionalmente il potere politico in base a parametri etnici.
La Corte Suprema quindi conferma la decisione della Corte di primo grado, la cui argomentazione era incentrata sul ruolo della Sezione 2 del VRA. Il 7 febbraio 2022, la medesima Corte, con la decisione assunta nelle cause Merrill v. Milligan e Merrill v. Caster (si veda il recente contributo di Zecca), aveva invece sospeso temporaneamente la sentenza di quella corte di primo grado (5-4), bloccando l’ordine di sospensione nei confronti della congressional map dell’Alabama messa a punto dopo il censimento del 2020 e quindi assicurando che le elezioni del 2022 si svolgessero in base alla nuova ridefinizione dei congressional districts,  con un unico collegio in cui gli appartenenti alle minoranze erano presenti in misura maggiore. Un anno fa, il giudice Kavanaugh aveva votato con la maggioranza conservatrice, affermando che la corte di grado inferiore avesse preso la sua decisione troppo a ridosso delle elezioni. Il Presidente della Corte Roberts aveva invece dissentito, pur affermando che i precedenti della Corte erano tali da aver generato disaccordo e incertezza circa la configurabilità del racial gerrymandering. Una dichiarazione di questo tipo suggeriva che egli avrebbe potuto successivamente assumere una posizione differente, viste anche le sue precedenti affermazioni in Shelby County, mentre, quasi a sorpresa, in Allen v. Milligan ha mantenuto la stessa linea espressa nel dissent a Merrill. Sebbene il giudice Thomas abbia definito l’opinione della maggioranza “trasformativa”, il Presidente Roberts ha invece sottolineato che essa si pone nel solco della giurisprudenza precedente: “The heart of these cases is not about the law as it exists, it is about Alabama’s attempt to remake our Section 2 jurisprudence anew”.
Questa decisione, piuttosto inaspettata, va comunque inquadrata in un contesto in cui la legittimazione della Corte Suprema appare molto indebolita, come dimostrato dalle aspre contestazioni nei confronti delle recenti decisioni in materia di aborto (su cui si vedano i commenti di Buratti e De Santis su questo blog) e di porto d’armi (su cui si veda il commento di Cezzi su questo blog). Nello scenario altamente conflittuale che caratterizza l’attuale situazione, una decisione che avesse palesemente indebolito il diritto di voto dei cittadini appartenenti alle minoranze etniche avrebbe sicuramente avuto esiti dirompenti sui già fragili equilibri politici e sociali statunitensi. Si ritiene quindi sia ancora troppo presto per affermare se l’atteggiamento complessivo della Corte Suprema sia in linea o meno con le istanze portate avanti dai movimenti che si battono per garantire l’effettività del diritto di voto per tutti i cittadini, o se invece sia più vicina alla tesi di chi sostiene che, secondo la lettera della Costituzione, il fattore etnico non possa che avere un peso limitato nell’ambito del processo di ridisegno dei collegi elettorali e quindi sulla configurazione del diritto di voto.