Andrea Buratti
Leggendo N. Lupo – C. Fasone (Ed.), “Interparliamentary Cooperation in the Composite European Constitution” (Hart 2016)
È di recente pubblicazione, per l’editore Hart, il primo volume di una nuova collana dedicata agli studi sulla “Parliamentary democracy in Europe”. La collana, diretta da Nicola Lupo e Robert Schütze, pone il tema della democrazia parlamentare al cuore delle transizioni che stanno attraversando gli assetti istituzionali dell’Unione Europea. Si tratta di una scelta certamente condivisibile: sin dalle prime riflessioni sul deficit democratico delle istituzioni comunitarie l’attenzione dei commentatori si concentrò sui problemi della loro debole parlamentarizzazione; lo sviluppo delle teorie della legittimazione parlamentare indiretta, tanto rilevante nella giurisprudenza costituzionale tedesca, ha sottolineato il rilievo dei Parlamenti nazionali nella legittimazione della politica europea; e il Trattato di Lisbona ha sviluppato il tema della vita democratica dell’Unione articolando su piani eterogenei un rafforzamento della democrazia parlamentare e dei partiti, così come forme e strategie alternative di rappresentanza e partecipazione coinvolgenti anche i Parlamenti nazionali. Pertanto, i grandi nodi che si incontrano nello studio degli assetti parlamentari dell’Unione sono al contempo tradizionali rispetto alle categorie del diritto costituzionale, e innovativi rispetto agli scenari che si stanno dischiudendo.
8 Settembre 2016
La distanza (troppo) breve dalla Consulta al Quirinale
Sono tanti i nomi di giuristi – soprattutto costituzionalisti e magistrati – che circolano in questi giorni di bollente “toto-nomine” per la successione di Giorgio Napolitano al Quirinale. L’opinione pubblica si rivolge alla scienza giuridica ed agli uomini di legge alla ricerca di competenze e rigore morale da contrapporre alla deludente stoffa della classe politica: la Costituzione è considerata dalla gran parte degli italiani come patrimonio da custodire, ed il Capo dello Stato come suo supremo garante. Ma gli stessi partiti aspirano ad eleggere al Quirinale una figura capace di maneggiare un codice neutrale rispetto alla contesa politica, vuoi in chiave di garanzia reciproca, vuoi per scongiurare intromissioni nel merito delle politiche di governo e maggioranza.
23 Gennaio 2015
Il «Free Marketplace of Ideas» verso il Far West. La Corte Suprema prosegue nello sgretolamento delle garanzie del processo elettorale (McCutcheon et al. v. Federal Election Commission)
Dopo l’imbarazzante sentenza della scorsa estate Shelby County c. Holder, con cui i giudici conservatori della Corte Suprema, a stretta maggioranza, hanno abbattuto due disposizioni del Voting Rights Act poste a presidio del divieto di discriminazione razziale nei procedimenti elettorali negli Stati del Sud, si registra oggi un altro passo indietro della Corte Suprema nella tutela della trasparenza del processo elettorale.
4 Aprile 2014
Pubblico Ministero Europeo: va in scena la lotta sulla sussidiarietà tra Commissione e Parlamenti nazionali
Con una Comunicazione che rappresenta un ampio documento di analisi, la Commissione europea ha replicato alle osservazioni avanzate da un nutrito gruppo di Parlamenti nazionali avverso la Proposta di regolamento che istituisce l'Ufficio del Pubblico Ministero europeo.
Del warning avanzato dai Parlamenti nazionali avevamo dato notizia in un procedente post, notando che si trattava del secondo caso di veto dei Parlamenti nazionali ad una proposta della Commissione, dopo quello che aveva affossato la Proposta di regolamentazione del diritto di sciopero. In quell'occasione, la proposta della Commissione era di fatto decaduta. In questo caso, invece, la Commissione opta per il mantenimento della propria Proposta di regolamento, senza accogliere nemmeno prospettive di parziale modifica della normativa. Sembra chiaro, dalla lettura della Comunicazione, che la Commissione intenda incanalare la misura all'interno di un sistema di cooperazione rafforzata, aggirando le resistenze degli Stati.
La ferma posizione della Commissione va ricondotta alla volontà di procedere verso l'istituzione di un Ufficio che risponde all'esigenza di tutelare anzitutto gli interessi dell'Unione rispetto a reati di frode comunitaria. Ma non c'è dubbio che sul suo fermo convincimento abbia influito anche l'intenzione di non avallare la trasformazione dello strumento del Warning sulla sussidiarietà in un potere di veto assoluto, nelle mani dei Parlamenti nazionali, in grado di ostacolare l'indirizzo della Commissione. Ne è una testimonianza l'enfasi posta dalla Commissione sulla natura dello strumento del Warning, che, ricorda la Commissione, dovrebbe servire soltanto ad evidenziare le violazioni del principio di sussidiarietà, e non anche ad avanzare obiezioni di ordine generale sulle misure contenute nelle Proposte normative.
Ma ovviamente, la stessa Commissione è consapevole che, così come è stato congegnato dal TUE, specie con riferimento al suo affidamento alle istituzioni parlamentari, lo strumento del Warning, lungi dal rappresentare un mero contributo tecnico sul rispetto dei canoni della sussidiarietà (ammesso che sia davvero possibile formalizzarli...), finisce per coinvolgere valutazioni di opportunità circa l'intensità dello strumento normativo, l'opportunità della regolazione, il livello di ingerenza nella struttura interna degli Stati.
Nel caso di specie, se le reazioni dei Parlamenti nazionali dovessero trovare sponde nel Parlamento europeo, la sorte della Proposta di Regolamento non sarà delle migliori anche nella forma della cooperazione rafforzata ristretta a un minor numero di Stati. Ma la battaglia sull'intepretazione e sull'efficacia politica dello strumento del Warning, senz'altro il più innovativo introdotto dal Trattato di Lisbona, appare davvero entusiasmante. Personalmente, resto convinto che il Warning, anche quando rappresenterà, come in questo caso, un strumento di resistenza rispetto a condivisibili avanzamenti dell'integrazione europea, contribuirà comunque alla maturazione di una opinione pubblica europea e di un dialogo politico sui temi reali dell'agenda europea, fino ad ora abbandonati alla retorica populista antieuropea.
2 Dicembre 2013
Un delicato bilanciamento. La sentenza 278 della Corte costituzionale
Con una sentenza dalla motivazione chiara e concisa, la Corte costituzionale torna su di una norma che coinvolge il bilanciamento tra diritti fondamentali delicatissimi. La questione verteva sulla norma di legge che esclude che il figlio adottivo possa accedere alle informazioni sulle proprie orgini nel caso in cui il genitore naturale abbia deciso di non rendere note le proprie generalità ai fini degli atti di stato civile. A detta del giudice a quo, la norma, non contemplando la possibilità che tale scelta del genitore venga modificata col passare degli anni, comportava una lesione del diritto fondamentale alla identità personale, alla salute (con riferimento all'accesso ad informazioni mediche relative al genitore naturale), oltre che una discriminazione rispetto alla situazione di altri figli adottivi ed una violazione dell'art. 117 Cost., sotto il profilo della violazione dell'art. 8 Cedu.
Nella sentenza 278 del 2013, la Corte ribalta il proprio precedente sul punto (sent. 425 del 2005), anche in ragione della giurisprudenza frattanto maturata a Strasburgo (Godelli c. Italia, 25 settembre 2012). In quella sentenza, infatti, la Corte europea aveva censurato la normativa italiana, pur in presenza di una forte divergenza in seno agli Stati membri sul punto: lo Stato che intenda tutelare la privacy e l'anonimato del genitore naturale è comunque chiamato a garantire procedure idonee a verificare la reversibilità della decisione di anonimato assunta a suo tempo dal genitore (sul punto, Butturini, in Forum di Quaderni Costituzionali).
23 Novembre 2013
The Last of The Fathers. James Madison e le origini dell’originalismo
Il bel post di Alessandra Di Martino – che recensisce il volume di Jack Balkin, Living Originalism – offre l’occasione per tornare a parlare di originalismo. Non v’è dubbio che il dibattito sul tema si sia in massima parte concentrato sulla versione prospettata da Antonin Scalia, il quale nel suo A Matter of Intepretation, ma anche in diverse Opinions redatte da giudice della Corte Suprema, ne ha offerto un’accezione estrema, strettamente correlata con un’interpretazione testualista della Costituzione (… e con una lettura conservatrice delle posizioni dei Fathers che è, comunque, storicamente discutibile: ma di questo, semmai, in altra sede).
5 Novembre 2012
Stasburgo, scortesie per gli ospiti
Che la Corte europea dei diritti dell’uomo sia vittima del suo stesso successo è cosa nota. Il costante incremento dei ricorsi individuali ha infatti costretto la Corte a dotarsi di un sistema di filtro in grado di consentirle di operare con modalità e tempi ragionevoli.
Così, il Protocollo 14, approvato nel 2004, estendeva l’area dell’irricevibilità e snelliva la fase di verifica sommaria della ricevibilità: sotto il primo profilo, l’art. 12 del Protocollo introduceva tra le cause di irricevibilità la formula del mancato «significativo pregiudizio» (art. 35, co. 3, lett. b) della Cedu); sotto il secondo profilo, l’art. 7 modificava l’art. 27 della Convenzione, affidando il giudizio sommario di ricevibilità ad un giudice unico.
Benché il Protocollo sia entrato in vigore soltanto nel 2010, già dal 2006 il Regolamento di procedura aveva recepito il meccanismo, con una riformulazione degli artt. 49, co. 1 e 52A, co. 1). Peraltro, il Regolamento non offre alcuna ulteriore indicazione tecnica che orienti la valutazione del giudice unico, né prevede forme di ricorso avverso la decisione del giudice unico, che è definitiva.
Queste modalità di verifica preliminare della ricevibilità dei ricorsi individuali hanno suscitato diverse perplessità, tanto in dottrina quanto tra gli avvocati.
Informazioni ulteriori sulle modalità con cui la Corte utilizza questo filtro, sulle forme di comunicazione degli esiti del controllo e sulle conseguenze tecniche della decisione di irricevibilità si ricavano dalla lettura di una «lettera» inviata dalla cancelleria della Corte ad un ricorrente respinto, conformemente al Regolamento di procedura. Si tratta, infatti, di un formato standard di interlocuzione con i ricorrenti in questi casi. Eccone il testo, depurato dai riferimenti al caso specifico.
18 Giugno 2012
Primi appunti per una recensione condivisa di L. Mezzetti - A. Morrone, Lo strumento costituzionale dell'ordine pubblico europeo
È di recentissima pubblicazione, per i tipi dell’editore Giappichelli, il volume “Lo strumento costituzionale dell’ordine pubblico europeo”, curato da Luca Mezzetti e Andrea Morrone, che raccoglie gli Atti del Convegno internazionale di studi tenutosi a Bologna il 5 marzo 2010 in occasione dei sessant’anni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Si tratta di un volume ponderoso, che raccoglie circa trenta contributi relativi pressoché ad ogni ambito dell’attuale dibattito sulla Convenzione, dal rapporto con l’ordinamento interno alla giurisprudenza maturata con riferimento ai singoli diritti.
12 Dicembre 2011
La sent. 227 della Corte costituzionale sul mandato d'arresto europeo
La sentenza n. 227 del 2010 della Corte costituzionale dovremo leggerla e rileggerla tutti più di una volta. E c'è da scommettere che, nel nostro Blog, vari post seguiranno a questo. Si ritorna sul problema del fondamento costituzionale della prevalenza del diritto dell'Unione, tra art. 11 e art. 117, co. 1, Cost.; si afferma la necessità dell'intervento della Corte costituzionale quando l'applicazione delle norme europee contrastanti con quelle interne da parte del giudice a quo sia di fatto impraticabile (perché la norma europea non è autoapplicativa o perché si versa in materia penale).
Qui, però, interessa il merito: la sentenza, infatti, appare condivisibilissima e apertissima. Il requisito formale della cittadinanza nazionale fa un significativo passo indietro rispetto al requisito sostanziale della residenza, del "legame effettivo" con un individuo in un Paese membro. Ne deriva l'incostituzionalità della norma che consentiva il rifiuto di estradizione - in esecuzione di un mandato d'arresto europeo - al solo caso di cittadini italiani, e l'estensione del potere di rifiuto di estradizione anche a favore di cittadini comunitari residenti in Italia.
24 Giugno 2010
Come parlare di “democrazia in Europa”?
Vanno aumentando i contributi – soprattutto di studiosi giovani – sulle forme del processo democratico in Europa. Il tema è ancora quello del superamento del “deficit democratico”, inevitabilmente. Ma viene spesso accantonato il dibattito sull’esistenza di un “popolo europeo”, centralissimo fino a pochi anni fa; né appaiono più determinanti le questioni della parlamentarizzazione degli assetti di governo, della definizione di un sistema elettorale unico e di partiti politici europei.
Si conferisce risalto, piuttosto, alle dinamiche procedimentali di interrelazione tra arene parlamentari e tra queste e la società civile. Sono le nuove forme della democrazia deliberativa auspicate nel nuovo TUE, sulla scia dell’entusiasmo per il “metodo convenzione”.
3 Maggio 2010