È arrivato finalmente il tempo della Italian Human Rights Institution?

Il recente Report adottato dall’ Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione Europea (FRA ) circa lo status quo relativo, nello spazio eurounitario, alle Istituzioni Nazionali per i Diritti Umani (National Human Rights Institution, NHRI) ci ricorda che purtroppo ad oggi l’Italia rimane uno dei soli cinque Paesi dell’Unione sprovvisti di un’Autorità per la promozione e la tutela dei diritti, nonostante una Risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, sottoscritta dall’Italia nel 1993, ne imponga l’istituzione.

La Risoluzione, che enuncia i c.d. “Principi di Parigi”, delinea gli elementi chiave per la creazione ed il funzionamento di una NHRI. Il documento stabilisce, per esempio, che una tale Autorità debba disporre di una solida base giuridica che ne sancisca composizione e competenze; un mandato il più ampio possibile in materia di diritti umani; indipendenza da Governo e Parlamento; una composizione che rifletta la diversità della società che vuole rappresentare; risorse umane e finanziarie e infrastrutture adeguate per operare autonomamente e pienamente esercitare le proprie competenze.

Gli altri Stati membri dell’Unione europea inadempienti, sotto questo aspetto, sono Estonia, Malta, Repubblica Ceca e Romania. In realtà, però, sia l’Estonia che la Romania hanno già istituzioni nazionali che sarebbero in grado di ottenere l’accreditamento del “Sub-Committee for Accreditation” dell’Alleanza Globale di Istituzioni Nazionali per i Diritti Umani (Global Alliance of National Human Rights Institutions, GANHRI) nel 2020, posticipato purtroppo per via della pandemia COVID-19. Anche la Repubblica Ceca ha già un’istituzione che, pur senza accreditamento GANHRI, gode di ampi poteri in materia di diritti umani, lasciando quindi l’Italia e Malta competere per la non certo prestigiosa posizione di fanalino di coda UE al riguardo.

Al di là della questione, assai rilevante anche per la credibilità internazionale del nostro Paese, relativa all’inadempimento rispetto ad un obbligo internazionale, la lacuna normativa ha delle serie implicazioni con riguardo alla tutela dei diritti in gioco. In particolare, la stagione pandemica in atto ha evidenziato in maniera forte e tangibile l’importanza del lavoro di una NHRI. Le Commissioni indipendenti degli altri Paesi UE hanno infatti lavorato ininterrottamente per proteggere e promuovere i diritti umani di minoranze a rischio o di gruppi svantaggiati, da anziani a persone con disabilità, per valutare la conformità agli standard internazionali ed alla Costituzione delle misure d’emergenza adottate dai vari governi europei, e per vegliare sulla permanenza della erogazione dei servizi essenziali ad ogni cittadino. Per fare solo qualche esempio, in Germania, l’Istituto Nazionale per i Diritti Umani (Deutsche Institut für Menschenrechte) ha pubblicato un position paper intitolato “I diritti umani devono guidare la risposta politica”. Il documento offre anche una serie di utili raccomandazioni a governo e parlamento sulla protezione dei gruppi più a rischio durante una pandemia.

In Francia, la Commission nationale consultative des droits de l’homme (CNCDH) ha sfruttato i suoi poteri istituzionali per comunicare direttamente all’Ufficio del Primo Ministro la sua posizione sulle “eccezionali e sistemiche” violazioni dei diritti umani causate dall’inziale proposta di legge sullo stato d’emergenza anti-COVID-19. In Polonia, la valutazione circa la conformità allo standard internazionale di diritti umani delle misure anti-COVID intraprese dal governo ha persino portato l’Ombudsman Nazionale a criticare le modalità di imposizione, da parte del governo, dell’l’obbligo mascherina sanitaria, dovendo poi difendersi pubblicamente da accuse (infondate) di negazionismo del COVID-19.

L’attuale stagione pandemica amplifica, in altre parole, un’esigenza da tempo sentita: l’istituzione di una commissione nazionale indipendente  per la promozione e tutela dei diritti umani. In questo contesto, l’attuale costellazione italiana di commissioni ed enti con competenze specifiche sul tema può invece risultare inadeguata e controproducente.  In Italia ad oggi infatti operano circa venti tra Comitati, Commissioni, Osservatori e Garanti, alcuni in ambito governativo, altri presso la Camera dei Deputati, ed altri ancora con diversi livelli di indipendenza istituzionale, come per esempio il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (unico ente al momento in conformità con i Principi di Parigi in Italia) o l’UNAR (Lajolo in Federalismi, p. 58-59). I Principi di Parigi si schierano esplicitamente a favore invece dell’esistenza di un’Autorità unica con un mandato il più ampio possibile (Paris Principles, Competences and Responsibilities, Art. 2).

A questo riguardo, ciò che finalmente sembra poter essere compreso, con riferimento ai passi in avanti in questa direzione di cui si farà cenno tra un attimo, è che la Commissione non andrà a sovrapporsi agli ambiti di applicazione delle tutele dei diritti già previste e quindi alle competenze dei singoli comitati e commissioni ed autorità. Al contrario: ne rafforzerà le singole istanze di protezione creando una cornice unitaria in un contesto al momento purtroppo ancora frammentario, a livello nazionale, di tutela dei diritti umani. Non solo, l’istituzione di una Commissione ad hoc farà emergere, accanto alla dimensione reattiva, quella promozionale, al momento quasi assente, di protezione dei diritti umani. Ciò grazie alla possibilità per la Commissione di formulare pareri, raccomandazioni e proposte, anche con riferimento a provvedimenti di natura legislativa o regolamentare, al Governo e alle Camere su tutte le questioni concernenti il rispetto dei diritti umani, sollecitando ove necessario la firma o la ratifica delle convenzioni e degli accordi internazionali e monitorandone l’implementazione a livello nazionale.

Una frontiera relativamente nuova della lotta per la protezione e promozione dei diritti umani è per esempio il campo della protezione dei dati personali, recentemente area di aspre discussioni per via delle varie app per il contact tracing del COVID-19 come Immuni. Un’istituzione ad ampi poteri in ambito di diritti umani, come quella francese, si  è stata in grado di esprimersi competentemente sulle varie violazioni dei diritti umani, reali e potenziali, delle contact tracing apps anti-Covid, offrendo consigli tecnici utili e senza dover limitarsi a questioni di privacy o a valutare la conformità dell’app con il GDPR, come invece ha fatto il Garante per la Protezione dei Dati Personali italiano, per ovvie ragioni dovute al suo ambito di competenza.

Nonostante la frammentarietà del campo istituzionale italiano in materia di diritti umani di cui si è fatto cenna, il clima sembra essere propizio per una svolta e sembra ci sia un forte impulso parlamentare da parte della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati.

Attualmente infatti sono presentate due proposte di legge al riguardo, A.C. 855 dell’Onorevole Quartapelle Procopio ed altri, e A.C. 1323 dell’Onorevole Scagliusi ed altri. Tali proposte, al momento all’ esame della  Commissione Affari Costituzionali presieduta dall’ Onorevole Giuseppe Brescia, rappresentano un importante punto di partenza per una spinta parlamentare convinta, e per un successivo, si spera altrettanto convinto, impegno dell’esecutivo, verso la creazione di una NHRI per l’Italia.

Entrambe le proposte dimostrano, complessivamente, rispetto per i Principi di Parigi, adottati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993 come parametri essenziali per l’accreditamento di una NHRI come tale. Detto questo, detti Principi devono essere considerati come il “minimo indispensabile”: per definizione, essi rappresentano un punto di partenza per il design di una NHRI, e non una checklist completa.

Ci sono dunque aspetti che potrebbero essere considerati per lavorare sulle proposte prima richiamate nell’ottica di un maggiore impatto ed autorevolezza della NHRI italiana. Un punto essenziale è per esempio la questione dell’indipendenza della Commissione che deve guidare ogni aspetto del design istituzionale. È quindi importante, per esempio, che la durata del mandato dei commissari sia di uguale o superiore lunghezza a quella del parlamento che li elegge, e che i commissari non siano sottoposti a procedure di controllo o esami a metà mandato.

Inoltre, per valorizzare al massimo l’indipendenza della Commissione è fondamentale assicurarsi che la NHRI possa gestire autonomamente il suo operato interno, le sue risorse umane e il reclutamento dei suoi dipendenti, il suo budget. La questione delle risorse finanziarie dell’Autorità non può essere sottovalutata. Per garantire l’indipendenza a lungo termine della NHRI, sarà necessario che la legge istitutiva definitiva garantisca all’Autorità risorse e infrastrutture che le permettano di adempiere alle proprie varie responsabilità in totale indipendenza. Come spiegano i Principi di Parigi, le risorse finanziarie di un’Autorità nazionale per i diritti umani devono “consentire di disporre di personale e locali propri, in modo da essere indipendente dal governo e non essere soggetto a controlli finanziari che potrebbero comprometterne l’indipendenza.” (Paris Principles, Composition and guarantees of independence and pluralism, Art. 2).

Un altro elemento certamente da considerare è quello della rappresentanza e del pluralismo della composizione della Commissione. Come spiega l’Agenzia per i Diritti Fondamentali dell’UE nel suo recente Report sulle NHRI europee, “il pluralismo riguarda la più ampia e inclusiva rappresentazione della società nella composizione delle NHRI, prendendo in considerazione, ad esempio, il genere, l’etnia o lo status di minoranza, nonché la diversità sociale, religiosa, linguistica e geografica” (FRA 2020, p. 49). Un aspetto essenziale per garantire il rispetto del pluralismo della società è ovviamente il processo di nomina dei commissari, che devono essi stessi riflettere la diversità e le varie identità presenti nella società italiana. Sarebbe inoltre importante garantire alla NHRI il potere di collaborare liberamente con la società civile, evitando però che diventi un “megafono” di quest’ultima. Per questo motivo, mentre la rappresentanza della società civile nella composizione dell’Autorità è senza dubbio importante, la NHRI deve avere la libertà di decidere in modo indipendente le modalità di cooperazione con i rappresentanti della società stessa.

Deve però essere molto chiaro che l’ampio coinvolgimento, sia ad-hoc che regolare, della società civile presenta un importante vantaggio sistemico. Tramite regolare collaborazione e consultazione, l’Autorità riceve informazioni essenziali sullo stato dei diritti umani a livello locale e nazionale che completano il lavoro di monitoraggio della NHRI stessa e che permettono di meglio concentrare le sue risorse e attenzioni. L’Autorità presenta poi le sue analisi al Parlamento tramite i suoi report tematici e annuali, tramite i quali il Parlamento può sperare di agire in maniera più efficace e mirata nelle sue attività legislative.

Un ulteriore suggerimento è quello di assicurarsi che l’Autorità abbia  anche la possibilità di effettuare indagini su violazioni di diritti umani, sia individuali che sistemiche. In questo contesto, sarebbe quindi importante dotare una NHRI italiana di poteri che incidano anche su procedimenti giurisdizionali in corso, come per esempio la possibilità di intervenire in giudizi come amicus curiae.

In conclusione, l’Italia si trova attualmente in una posizione non invidiabile: senza una NHRI accreditata,  permangono sia l’inadempimento nei confronti delle Nazioni Unite, sia un modello di protezione e promozione dei diritti umani assai frammentario. Una cornice unitaria è ormai indispensabile.

Allo stesso tempo, questo momento presenta importanti opportunità, dal punto di vista dell’impulso parlamentare cui si faceva prima riferimento,  che non ci possiamo permettere di sprecare.

L’Italia può anche contare su un forte supporto istituzionale per quanto concerne assistenza tecnica e know-how  sia a livello dell’Unione europea (Agenzia per i Diritti Fondamentali della UE e European Network of National Human Rights Institutions – ENNHRI) sia a livello internazionale (Consiglio d’Europa)

Quindi, per concludere: se non ora, quando?

 

Oreste Pollicino, membro del Comitato esecutivo, Agenzia europea per i diritti fondamentali

Jacopo Zenti, membro (2019-2020) del project team per il report “Strong and effective national human rights institutions – challenges, promising practices and opportunities”, Agenzia europea per i diritti fondamentali.

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