In Spagna è riconosciuto il diritto (con limiti) a richiedere e a ricevere l’aiuto medico a morire (con dignità)

1.Lo scorso 18 marzo in Spagna è stata approvata la Ley Orgánica de regulación de la eutanasia con una maggioranza molto più ampia di quella assoluta: 202 voti a favore, 141 contrari e solo 2 astenuti.
Nel mezzo di una situazione di crisi economica, sociale, territoriale e, soprattutto, pandemica, si è proceduto su un tema da sempre definito divisivo e che è stato affrontato e risolto senza che il richiamo all’eticamente sensibile sia stato finalizzato ad arrestare la discussione sulla materia da disciplinare.

2.Nel titolo di questo contributo non si è fatto esplicito riferimento all’eutanasia, anche se tale lemma appare nella stessa rubrica della legge, e ciò per un motivo evidente: il testo normativo analizzato non riguarda solo ed esclusivamente tale pratica ma, più in generale, la prestación de ayuda a morir (eutanasia e aiuto al suicidio). Tale prestazione, infatti, si può mettere in atto con due modalità: la somministrazione diretta di una sostanza al paziente da parte di un medico competente; la prescrizione o la fornitura al paziente da parte del medico di una sostanza da autosomministrare per provocare la morte.
Il termine eutanasia compare solo tre volte nel testo e una sola nella Disposición final primera nella quale si modifica l’art. 143 del Codice penale, con l’aggiunta di un comma che introduce una scriminante procedurale.
Così come specificato dal testo di legge, questa entrerà in vigore dopo 3 mesi dalla sua pubblicazione sul BOE, a esclusione dell’art. 17 che riguarda l’istituzione e la composizione delle Comisiones de Garantía y Evaluación (organi di natura amministrativa), che dovranno essere formate e costituite entro 3 mesi dalla entrata in vigore dell’articolo (il giorno stesso della pubblicazione sul BOE) e non già della legge (tre mesi dalla pubblicazione). Grazie a questo sfasamento temporale, l’entrata in pieno regime delle Commissioni da istituirsi in ogni comunidad autónoma non sarà ritardata rispetto alla entrata in vigore della legge tutta ma sarà ad essa contestuale, e ciò proprio al fine di non ritardare la concretizzazione di un diritto finalmente riconosciuto.
Quindi, nell’ordinamento giuridico spagnolo si introduce l’aiuto medico a morire come un nuovo diritto individuale. In tale quadro, l’eutanasia è descritta in modo chiaro come quella “azione che produce direttamente e intenzionalmente, attraverso una relazione di causa-effetto unica e immediata, la morte di una persona che ne abbia fatto richiesta informata, espressa e ripetuta nel tempo, in un contesto di sofferenza causato da una malattia incurabile che la persona valuta come inaccettabile e che non può essere mitigata con altri mezzi”.
L’articolato è preceduto da un Preambolo, e quindi dai motivi che hanno spinto alla presentazione e all’approvazione di una legge che intende assicurare “una risposta giuridica, sistematica, equilibrata e garantista a una domanda, qual è l’eutanasia, sollecitata dall’attuale società”. Alla base della decisione legislativa vi è stata la volontà politica di parlamentarizzare un dibattito già da tempo avviato in ambito accademico così come in quello della società civile e che ciclicamente e carsicamente si ripropone all’indomani di casi tragici che continuano a non avere una risposta seppur richiesta.
Come sottolineato ormai da anni dalla dottrina, l’odierno dibattito trova l’abbrivio dalla sempre più incisiva influenza che la tecnica (nei paesi ‘sviluppati’) ha sul corpo e più in generale sulla vita di ognuno, tanto che è sempre più ‘naturale’, ad esempio, trovarsi nella condizione di prolungamento dell’aspettativa di vita, anche in condizioni di grave malattia, pur in assenza di cure efficaci e adeguate o di un significativo miglioramento della qualità della vita stessa: comunemente, infatti, si parla di processo del fine vita, in quanto il morire costituisce non tanto un momento, un atto puntuale nel tempo, un fatto ineluttabile, quanto piuttosto una fase (anche lunga), non limitata da una fine imminente.
Tutto ciò è chiaro al Legislatore spagnolo così come lo è lo stretto collegamento che intercorre tra il tema della disponibilità della vita e i diritti fondamentali della libertà, dell’autonomia e del bene della dignità della persona. Ma la tutela di questi diritti, in primis quello della vita, esige che la richiesta di porvi fine tramite un facere da parte di terzi possa e debba essere avanzata ma solo ed esclusivamente in alcune, tassative e legalizzate circostanze.
La tutela della vita e della dignità si assicura proprio garantendo che ogni persona possa sì esprimersi attraverso la propria autodeterminazione, ma sempre nel rispetto di determinati limiti anche quando non si interferisca in sfere giuridiche altrui; d’altronde, in uno Stato costituzionale nessun diritto può considerarsi esente da limiti, e ciò per scongiurare che un diritto diventi tiranno nei confronti degli altri. Per assicurare poi che l’autonomia del richiedente l’eutanasia si esprima nel modo più pieno e libero ed affinché lo Stato possa adempiere al compito di tutelare il soggetto anche contro se stesso, è necessario che il ricorso all’aiuto medico a morire sia ben limitato e rigidamente circoscritto. La legge spagnola, quindi, si inscrive pienamente in quegli ordinamenti definiti come permissivi.
Nel Capitolo I del testo di legge si definiscono i termini impiegati nell’articolato; fra questi – oltre a quello di “malattia grave ed incurabile” – si descrive lo stato di sofferenza grave, cronica e invalidante come quella “situazione che fa riferimento a limitazioni che incidono direttamente sull’autonomia fisica e sulle attività della vita quotidiana, tali da non consentire di badare a sé stessi, nonché sulla capacità di espressione e relazione, e che sono associate a sofferenze fisiche o mentali, costanti e intollerabili per chi ne soffre, con la sicurezza o l’alta probabilità che tali limitazioni persistano nel tempo senza possibilità di cura o di apprezzabile miglioramento. A volte può significare dipendenza assoluta da un supporto tecnologico”.
Nel Capitolo II, invece, si stabiliscono i presupposti per la richiesta di aiuto medico a morire, inteso (lo si ripete) sia come aiuto al suicidio che come omicidio del consenziente (impiegando il lessico codicistico-penalistico italiano): qualsiasi persona maggiorenne, in possesso di cittadinanza o di residenza spagnola superiore a dodici mesi (per impedire il c.d. turismo dei diritti), che soffra di “una malattia grave e incurabile” o di “una patologia cronica, grave e invalidante”, che provochi una “sofferenza fisica e psichica intollerabile”, in piena capacità di agire e decidere, può richiedere e ricevere tale aiuto, a condizione che lo faccia in modo autonomo, cosciente e informato (anche tramite le instrucciones previas) e purché abbia i requisiti tassativamente richiesti dalla legge per ricevere l’ayuda para morir.
In conclusione, si riforma l’art. 143, nei commi 4 e 5, del Codice penale, in maniera che non sarà punibile la condotta del medico che con atti necessari e diretti causa o collabora alla morte di una persona quando questa soffre di una malattia grave e incurabile, …, e che ne abbia fatto richiesta informata.

3.La legge nel complesso rappresenta un baluardo nella difesa dei diritti delle persone più fragili, che già vivono una condizione di grave sofferenza, nonostante rimangano sullo sfondo due aspetti che forse avrebbero potuto trovare una diversa soluzione, in quanto possono non apparire pienamente in linea con un sistema che riconosce un diritto e predispone e regolamenta un più che dettagliato procedimento per la realización de la prestación de ayuda para morir (art. 8).
In primo luogo, è prevista una limitazione della richiesta delle pratiche eutanasiche ai soli maggiorenni. Stante il rilievo riconosciuto al principio di autonomia, alla previsione di precisi limiti e controlli, nonché alla presenza di stati di malattia grave e irrecuperabile, la decisione parlamentare è stata comunque quella di non estendere la praticabilità del trattamento anche ai minori di età (evidentemente ai soli c.d. minori maturi).
È altresì previsto un intervento rilevante da parte della Comisión de Control y Evaluación che è non solo successivo ma anche preventivo alla richiesta di aiuto a morire. Ciò rischia di burocratizzare eccessivamente la procedura anche e soprattutto per la constatazione che già è richiesto un intervento medico duplice per accertare il rispetto dei requisiti prefissati e per limitare al massimo il rischio di errore medico (art. 8, c. 3).
Con specifico riguardo al controllo preventivo svolto dalla Commissione di garanzia, è da valutare favorevolmente la previsione precisa dei termini perentori entro i quali rispondere, un po’ meno quella per cui non si specifica con la dovuta precisione la composizione della commissione regionale dal “carattere multidisciplinare”: si parla genericamente di un numero minimo di 7 componenti fra cui almeno un medico, un giurista e un infermiere, ma senza specificarne la specializzazione; i criteri sono lasciati alla disponibilità di ogni comunidad autónoma così come delle ciudades de Ceuta y Melilla. Il controllo sarà affidato dal Presidente della Commissione a due componenti (un medico e un giurista), il cui eventuale disaccordo non si comprende bene su che basi possa fondarsi. È comunque prevista una procedura per la risoluzione, anch’essa predisposta in tempi stretti. In caso di diniego, il richiedente potrà rivolgersi alla giurisdizione amministrativa.
Dunque, il procedimento dura circa un mese: la richiesta deve essere ripetuta dopo quindici giorni, dopo di che verrà consultato un secondo medico che dovrà scrivere un rapporto; poi interviene la Commissione che in due giorni deve nominare i due membri che in una settimana dovranno stabilire se tutti i requisiti sono stati rispettati; in caso di disaccordo interverrà il Presidente di Commissione, prima, e l’organo giurisdizionale, poi.
Infine, risulta ragionevole la previsione dell’obiezione di coscienza del personale sanitario – di cui sarà costituito un albo (art. 16) – anche perché essa è seguente all’affermazione del diritto a ricevere l’aiuto necessario a morire nonché alla previsione che l’assistenza sanitaria richiesta rientri nel Sistema Nazionale di Salute con finanziamento pubblico (garantendo, comunque, che le prestazioni possano avvenire anche nei centri privati e, se imposto dalle condizioni del richiedente, presso il domicilio). In ogni caso, la prestazione di aiuto a morire non può essere compromessa dall’esercizio dell’obiezione di coscienza (art. 14).

4.Sono passati ventitré anni dalla morte del cittadino spagnolo R. Sampedro procurata con l’aiuto di chi è rimasto ignoto, e ancor di più da quando egli stesso scriveva che “solo il tempo e lo sviluppo delle coscienze qualificheranno la mia richiesta come ragionevole o meno” e rispondeva che “una vita che nega la libertà non è vita” a chi affermava che “una libertà che nega la vita non è libertà”.
Anche dopo la sent. n. 242/2019 della Corte costituzionale, l’Italia verosimilmente non sarà il prossimo Paese a produrre una legislazione in linea con quella spagnola; lo sarà (molto più probabilmente) il Portogallo, anche se il Tribunal Constitucional (con l’acórdão n. 123/2021), lo scorso 15 marzo ha dichiarato incostituzionale parte della delibera legislativa che introduceva in quell’ordinamento una disciplina molto simile a quella iberica. A seguito di un ricorso in via preventiva, il TC non ha rilevato alcuna incostituzionalità nella depenalizzazione dell’aiuto medico a morire (con limiti) per un eventuale contrasto con i principi e i diritti costituzionali, ma si è ‘limitato’ a sottolineare che il Legislatore non aveva ben puntualizzato i requisiti di accesso alla pratica eutanasica, con violazione del principio di determinatezza della legge e con quello della riserva di legge in materia di diritti e delle libertà.
A questo punto, se il Parlamento deciderà di assumere come propri i rilievi formulati dal Tribunal Constitucional de Portugal non vi saranno ostacoli per la pubblicazione ed entrata in vigore della legge, che riconoscerà – in un’altra ‘giovane’ democrazia – l’introduzione nel proprio ordinamento del diritto ad una morte medicalmente assistita previa attivazione di un apposito procedimento amministrativo.