La svolta del processo costituzionale sotto il segno della trasparenza e del dialogo: la Corte finalmente pronta ad accogliere amicus curiae e esperti dalla porta principale

Con un comunicato dell’11 gennaio la Corte costituzionale ha annunciato alcune importanti novità procedurali atte a consentire alla “società civile [di] far sentire la propria voce sulle questioni di costituzionalità”. Mediante una delibera dell’8 gennaio, le Norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte hanno infatti subito tre ordini di modifiche, rispettivamente in materia di intervento di terzi, amicus curiae e audizione di esperti.
Per quanto riguarda l’intervento dei terzi, se fino ad oggi l’articolo 4 si limitava a prevedere la possibilità di intervento nel giudizio incidentale da parte di “altri soggetti”, viene codificata la giurisprudenza costante secondo cui tali soggetti devono essere “titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato a quel giudizio”. Un nuovo articolo 4-bis va poi a disciplinare “le modalità di accesso agli atti del giudizio da parte dei terzi intervenienti”.
Il nuovo articolo 4-ter aprirà invece “ai cosiddetti amici curiae: soggetti istituzionali, associazioni di categoria, organizzazioni non governative”, prevedendo che “qualsiasi formazione sociale senza scopo di lucro e qualunque soggetto istituzionale, se portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione in discussione, potranno presentare brevi opinioni scritte per offrire alla Corte elementi utili alla conoscenza e alla valutazione del caso sottoposto al suo giudizio”. Il deposito di amicus curiae costituirà dunque un canale di partecipazione al processo distinto dall’intervento del terzo in senso stretto.
La terza via per la partecipazione della società civile al giudizio è infine rappresentata dall’audizione di esperti, disciplinata dal nuovo articolo 14-bis, che consentirà alla Corte di fare appello a “esperti di chiara fama” per “acquisire informazioni su specifiche discipline” mediante un confronto “in camera di consiglio, alla presenza delle parti del giudizio”.
La presidenza della giudice Marta Cartabia si apre dunque con un importante riassetto del processo costituzionale nel segno dell’apertura e della trasparenza. Sebbene tali novità siano state presentate dalla stampa come una rivoluzione che porta il marchio della neoeletta presidente, esse in realtà sono il risultato di un’evoluzione già avviata da tempo, che esprime la volontà collegiale della Corte di aprire le proprie porte a soggetti diversi dalle parti in grado di dare un contributo al giudizio e, soprattutto, di portare maggiore trasparenza e coerenza su delle prassi poco lineari che avevano fino ad ora caratterizzato l’istruttoria e il processo costituzionale.
I primi segnali di questa evoluzione si erano registrati nel corso dell’ultimo anno e mezzo, se non espressamente nella giurisprudenza (anche se qualche decisione si era parzialmente discostata dalla giurisprudenza consolidata: v. commento su questo blog), in alcune attività interne e esterne della Corte che avevano anticipato il percorso di modifica. Ci riferiamo, in particolare, al provvedimento del 21 novembre 2018 dell’allora presidente Giorgio Lattanzi sull’accesso agli atti da parte dei terzi e al Seminario di studi tenutosi al Palazzo della Consulta il 18 dicembre dello stesso anno, che testimoniano una volontà di trasparenza e dialogo nella riorganizzazione del giudizio costituzionale, nel metodo oltre che nel risultato.
Trasparenza: dal provvedimento del Presidente sulla prassi in materia di intervento alla modifica delle n.i. Mediante una lettera del 21 novembre 2018 indirizzata alla cancelleria (provvedimento definito “anomalo” da attenta dottrina che avrebbe auspicato che una novità di tale portata venisse introdotta mediante “una modifica delle Norme integrative, se non pure della stessa legge 87 del 1953”: v. commento di A. Ruggeri in ConsultaOnline), il Presidente Lattanzi aveva chiesto di mettere fine alla prassi che consentiva l’accesso agli atti della procedura ai terzi che presentassero un’istanza di intervento, prima della decisione sull’ammissibilità dello stesso. Fino ad allora, infatti, la decisione sull’ammissibilità degli interventi veniva pronunciata al momento dell’udienza pubblica o della camera di consiglio sul merito della questione. Nelle more di tale decisone, ai terzi veniva consentito di accedere agli atti, così da poter argomentare, nelle proprie memorie, sia sulla legittimazione del proprio intervento che sul merito della questione in piena conoscenza degli atti della procedura.
Come messo in luce dalla dottrina, tale prassi permetteva che anche gli interventi destinati ad essere dichiarati inammissibili potessero entrare almeno temporaneamente nel giudizio. Ciò aveva favorito l’emergere di una forma ufficiosa di partecipazione, in quanto molti soggetti, in particolare enti portatori di interessi collettivi, continuavano a presentare le proprie memorie di intervento consapevoli del fatto che, malgrado il loro rigetto ufficiale al momento dell’udienza, esse avrebbero avuto modo di essere lette e prese in considerazione, seppur non ufficialmente. La soluzione prospettata dall’allora Presidente consisteva nel consentire al terzo di presentare, in un primo momento, unicamente gli argomenti a sostegno dell’ammissibilità del proprio intervento, prevedendo quindi una riunione in camera di consiglio per decidere su tale istanza e, solo in un secondo momento, consentire l’accesso agli atti esclusivamente ai terzi ammessi.
La codifica agli articoli 4 e 4-bis delle “modalità di accesso al giudizio da parte dei terzi intervenienti” e della previsione che essi possano “eventualmente essere autorizzati ad accedere agli atti del processo costituzionale anche prima dell’udienza” ha dunque il merito di disciplinare definitivamente con chiarezza – e attraverso una fonte normativa apposita – una prassi che si collocava finora in una zona grigia. Per una piena coerenza della riforma nel suo complesso, le n.i. dovrebbero disciplinare anche la fissazione dell’udienza in camera di consiglio ai fini della decisione sull’ammissibilità degli interventi, subordinando all’esito di tale decisione l’accesso agli atti da parte dei terzi, ma è probabile che, sebbene non emerga espressamente dal comunicato, tale previsione sia effettivamente inclusa nella redazione definitiva dei nuovi articoli 4 e seguenti.
Alla categoria più nutrita di terzi non ammessi a intervenire, ovvero gli enti esponenziali portatori degli interessi al centro della questione, fino ad oggi considerati dalla Corte come titolari di “meri indiretti, e più generali, interessi, connessi ai loro scopi statutari” (ord. allegata alla sent. n. 237/2019), viene aperta la nuova via del deposito degli amicus curiae.
La nuova redazione degli articoli 4 e seguenti distingue infatti, come auspicato da parte della dottrina, tra terzo interveniente e amicus curiae accordando loro due statuti processuali distinti in ragione di una differente legittimazione alla partecipazione.
L’intervento dei primi, ammessi sulla base del loro “interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato a quel giudizio”, risponde infatti alle esigenze di garanzia del giusto processo e del diritto di difesa, come più volte ribadito dalla stessa Corte che ha fondato sull’articolo 24 Cost. la propria giurisprudenza in materia. Tali terzi acquisiscono perciò uno statuto e poteri processuali analoghi a quelli delle parti. Ai terzi ammessi in qualità di amicus curiae, invece, viene consentito il deposito di memorie, ma non la partecipazione all’udienza. La loro partecipazione infatti non è fondata sul diritto di difesa, ma su una facoltà accordata dal collegio in ragione del contributo che essi possono apportare al giudizio.
Dialogo: il confronto con la dottrina (e con il diritto comparato) nel seminario di studi organizzato dalla Corte costituzionale. La Corte ha mostrato una spiccata volontà di dialogo anche nel metodo di adozione della riforma, che è stata preceduta da un confronto con la dottrina sulle esperienze del diritto comparato. Le modifiche apportate alle norme integrative hanno così potuto trarre ispirazione dalle relazioni e dagli interventi presentati in occasione del seminario su “Interventi di terzi e ‘amici curiae’ nel giudizio di legittimità costituzionale delle leggi, anche alla luce dell’esperienza delle altre Corti nazionali e sovranazionali”, tenutosi al Palazzo della Consulta il 18 dicembre 2018.
La modifica introdotta agli articoli 4 e seguenti, e in particolare l’introduzione dell’art. 4-ter, riprende la soluzione del doppio binario per la partecipazione di terzi e amici curiae, evocata dalle relazioni di Tania Groppi (v. relazione su ConsultaOnLine) e di Giampaolo Parodi, incentrate sul confronto della prassi italiana con alcune esperienze di diritto comparato. Il nuovo articolo 14-bis sull’audizione di terzi esperti sembra invece ispirarsi, oltre che alle procedure in vigore dinanzi alla Corte costituzionale tedesca, alla proposta avanzata dalla relazione di Valeria Marcenò la quale, ritenendo che l’apertura del giudizio risponda più ad un’esigenza di acquisizione di elementi fattuali e informazioni tecniche da parte della Corte che ad una reale esigenza di partecipazione della società civile, suggeriva di formalizzare l’acquisizione di informazioni da parte di esperti, che avviene oggi per lo più attraverso canali informali, prevedendo la possibilità di disporre un’audizione nel corso dell’udienza.
Trasparenza e dialogo nel comunicato dell’11 gennaio. La volontà di trasparenza e dialogo emerge infine con evidenza nella modalità di diffusione data a queste novità procedurali. La Corte, in linea con le sue attuali strategie di comunicazione, ha fatto precedere la pubblicazione delle modifiche alle n.i. sulla Gazzetta ufficiale da un comunicato pubblicato sul proprio sito, destinato alla stampa e, da lì, ad un pubblico molto più ampio di quello composto dagli addetti ai lavori. E l’ha fatto dando un titolo eloquente a tale comunicato – “La Corte si apre all’ascolto della società civile” – volto ad esaltare la volontà di apertura di un organo che – dal Viaggio nelle carceri e nelle scuole, alle novità procedurali qui illustrate e alle altre iniziative di comunicazione – vuole mostrare ai cittadini la propria funzione di garante dei diritti e al contempo rappresentante del corpo sociale in grado non solo di risolvere antinomie giuridiche ma anche di recepire le istanze e gli argomenti della società civile, in un’epoca in cui esso è chiamato sempre più spesso a decidere su questioni che vanno a incidere nella vita quotidiana di tutti noi.
Verso un processo costituzionale più aperto. Cosa cambierà dunque, concretamente, in termini di apertura del giudizio alla società civile all’indomani dell’entrata in vigore di queste modifiche? Sul piano dell’intervento, non ci dovrebbero essere grandi sorprese: dal momento che la riforma va a codificare la giurisprudenza costante, l’unica novità dovrebbe rinvenirsi nel fatto che non dovremmo aspettarci, almeno nel breve termine, oscillazioni dal dubbio fondamento come quelle che, recentemente, hanno consentito l’intervento di alcuni enti esponenziali che non sembravano soddisfare il requisito della titolarità di un interesse qualificato inerente in maniera diretta al giudizio (si vedano gli interventi dell’UCPI, sent. n. 180/2018, e del Consiglio nazionale del notariato, sent. n. 13/2019); tali soggetti potranno oramai essere ammessi, ma mediante il deposito di amicus curiae di cui all’art. 4-ter.
Proprio l’entrata in vigore di quest’articolo costituirà la più grande innovazione in termini di partecipazione, non solo in quanto consentirà la formale ammissione delle memorie sistematicamente presentate da sindacati, associazioni di categoria e di tutela dei diritti che fino ad oggi restavano nelle maglie della fase grigia della procedura, ma soprattutto in quanto potrà suscitare l’effetto di una “chiamata alla partecipazione”, andando così a incrementare il numero di istanze di intervento e la platea di enti esponenziali e soggetti istituzionali che bussano alle porte della Corte.
Pensiamo alle questioni suscettibili di interessare maggiormente la società civile e l’opinione pubblica, dalla procreazione assistita, al fine vita, alla tutela dell’ambiente, etc. L’allargamento della partecipazione su tali questioni va visto senz’altro, ad avviso di chi scrive, come un progresso, in quanto permetterà alla Corte di trattarle in piena conoscenza di fatti, informazioni tecnico-scientifiche e dati statistici presentati da esperti e enti che ben conoscono il contesto applicativo delle norme oggetto di giudizio e, quel che più conta, di farlo nel pieno rispetto della trasparenza e del contraddittorio, così che tali acquisizioni possano espressamente figurare nella motivazione. Se la nostra Corte costituzionale non ha forse bisogno di una rinnovata legittimazione, che le è assicurata dal fondamento costituzionale della sua funzione e dalla sua attività di garante dei diritti nella storia repubblicana, queste modifiche potranno indubbiamente incrementare la legittimazione e l’accettabilità delle sue decisioni, in quanto trasparenza della procedura e completezza della motivazione sono i due strumenti mediante i quali un organo giurisdizionale costruisce la legittimazione della propria giurisprudenza.

NB: La pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della delibera col testo delle norme modificate è intervenuta il 22 gennaio, quando il presente commento era già stato trasmesso e in attesa di pubblicazione. Esso si fonda perciò sul comunicato e non sul testo integrale delle norme oggetto di riforma, che potete trovare qui di seguito:

https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2020-01-22&atto.codiceRedazionale=20A00443&elenco30giorni=true

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