Recensione a “Robert Schütze, From International to Federal Market. The Changing Structure of European Law, Oxford University Press, 2017”

Con il suo nuovo libro Robert Schütze continua un percorso già iniziato con la sua prima monografia. Il volume qui recensito, infatti, si presenta come il secondo tassello di una “trilogy on the Changing Structure of European Law” (p. v) dedicata all’evoluzione del diritto dell’Unione. Lo stesso Autore lo scrive più volte, per esempio, nelle conclusioni, ma anche nella prefazione quando anticipa che il terzo volume si intitolerà “From International to Federal Union: The Changing Structure of European Law”. Inoltre, quasi a voler prevenire possibili critiche sull’ordine di uscita di questi tre volumi, Schütze subito aggiunge che: “The publishing chronology of the three volumes is thematically inverted when compared to how they should finally be arranged. This ‘inversion’, while not ideal, results from my—methodological—belief that good constitutional law (and theory) must never start with some lofty ideal but ought to grow from a concrete constitutional ‘order’ on the ground” (p. v).
Questa presa di posizione metodologica lo porterà poi, come vedremo, a discutere radicalmente alcune delle posizioni teoriche più affermate nel diritto dell’Unione e può essere vista come una conferma della portata innovativa del suo approccio.
C’è un altro aspetto che vorrei sottolineare. Poche volte come in questa, in effetti, il lettore che conosce l’Opera di Schütze ha l’impressione di trovarsi in perfetta continuità con i suoi lavori precedenti: sia il primo libro sia il volume qui recensito si dividono in sei capitoli più un’introduzione e una conclusione; ogni capitolo generalmente si divide in due sezioni. I sei capitoli poi vengono a loro volta distribuiti – in entrambi i casi – in una parte generale e in una speciale. Infine, le introduzioni ai due primi volumi e le parti speciali hanno gli stessi titoli: rispettivamente, “Coming to Constitutional Terms” e “The Changing Structure of European Law”.
La struttura dell’argomentazione seguita dall’Autore è molto simile, il metodo comparato è una risorsa e lo stesso si può dire per l’approccio federale. Vi sono, ovviamente, anche molte differenze. Il lavoro qui recensito riguarda la progressiva trasformazione della concezione e della disciplina del mercato interno; si tratta quindi di un lavoro dal taglio se vogliamo più specialistico. Tuttavia, al netto delle differenze, la capacità di strutturare l’argomento in coerenza con il primo libro della serie è davvero sorprendente e il dettaglio dell’analisi proposta fa degli studi di Schütze un punto di riferimento fondamentale per gli studiosi di diritto comparato e di diritto dell’Unione europea. Aggiungo che il libro in questione si inserisce anche in quel filone di ricerca misto, fra la storia del diritto (penso ai lavori Morten Rasmussen, ad esempio), la sociologia giuridica (penso ai lavori di Antoine Vauchez) e la comparazione diacronica, che tanto vanno di moda adesso nella contestazione della “traditional narrative” già “sfidata” negli anni Novanta da Ole Spiermann e prima ancora, ovviamente, da Hjalte Rasmussen.
L’obiettivo del libro è quello di studiare le dinamiche che hanno portato alla creazione di un mercato comune in Europa, partendo dall’esistenza di diversi mercati nazionali.
La domanda di ricerca è relativa alla reale finalità della previsione delle c.d. quattro libertà; in altre parole, esse sono destinate alla “liberalizzazione degli scambi intracomunitari ovvero […] più in generale a promuovere il libero esercizio dell’attività commerciale nei singoli Stati membri?”. Giocando con le parole di un celebre passaggio delle Conclusioni dell’Avvocato Generale Tesauro al caso Ruth Hünermund, l’Autore prende le mosse dalla presentazione di tre modelli di intensità integrativa: il modello internazionale, quello federale e quello nazionale. A quale modello appartiene l’UE? La risposta è, come spesso accade, “dipende”: alcune disposizioni dei Trattati sembrano ispirarsi al modello internazionale, altre a quello nazionale, altre sono più neutre.
Sulla base di questi modelli prototipici l’Autore, come anticipato, offre nella prima parte del libro (“International and Federal Markets”) prima un’analisi dell’evoluzione diacronica del diritto volto a regolare il commercio internazionale (Cap. I), descrivendo le fisionomie dello Stato mercantilista e quello che chiama il suo modello nazionale. In seguito, si sottolinea il passaggio da un approccio prevalentemente bilaterale a uno multilaterale, grazie anche all’emersione dell’organizzazione mondiale del commercio e all’affermazione del paradigma moderno caratterizzato dalla cooperazione statale nel contesto globale. Il modello statunitense (analizzato nel Cap. II “American Law and Market Integration”) è l’archetipo di quello che Schütze definisce il modello federale. Qui, di nuovo, è fondamentale per l’esercizio comparativo l’analisi diacronica che porta l’Autore ad analizzare l’originario schema della Costituzione statunitense del 1787 e la sua evoluzione anche, ovviamente, alla luce della giurisprudenza della Corte Suprema. In tutto questo un ruolo essenziale è stato svolto dalla Commerce Clause, nella sua trasformazione da clausola assopita (“dormant clause”, p. 81) a fondamentale volano dell’integrazione dei mercati.
Nella seconda parte del libro (la c.d. parte “speciale” intitolata “The Changing Structure of European Law”), l’Autore fa i conti con il diritto dell’Unione europea (Cap. III, “The Decline of the International Model”), identificando la genesi internazionalistica, sottolineando analogie e differenze con il modello federale. Sono molto interessanti in questo senso le pagine dedicate al parallelismo con l’art. 34 TFUE, definito come la “Europe’s dormant Commerce Clause” (p. 108). Anche qui si può apprezzare il dettaglio con cui l’Autore ricostruisce il dibattito sulle previsioni normative equivalenti all’Art. 34 TFUE, le diverse opzioni dottrinali presenti all’inizio e la progressiva giurisprudenza della Corte di giustizia, con la svolta rappresentata da Cassis de Dijon che ha portato a quello che si definisce come il declino del modello internazionale. La graduale federalizzazione del modello europeo viene analizzata nei Cap. IV e V (rispettivamente intitolati “The Rise of the Federal Model” “I” e “II”). Nel Cap. IV l’Autore si sofferma molto sul rapporto fra Cassis de Dijon e una delle pronunce più ambigue della Corte di giustizia: Keck. Nell’analisi di Keck Schütze dà molto spazio al dibattito dottrinale e questo gli darà modo di estendere le sue conclusioni nell’ultima parte del volume. Nel Cap. V, invece, l’Autore affronta alcuni aspetti specifici legati alle previsioni relative alla libera circolazione dei beni, soffermandosi soprattutto sul rapporto fra Art. 34 e 35 TFUE. Nelle sue parole:

“Having remained loyal to an international law reading here, the Union legal order has been forced the Union legal order has been forced to acknowledge two heterogeneous definitions of MEEQR [“measure having equivalent effect to a quantitative restriction”] for Articles 34 and 35 respectively. How can we explain this? The best answer, in my view, is that the rejection of the federal interpretation of Article 35 is required so as to stabilize the federal interpretation of article 34; and since the latter is infinitely more important in the fight against State the Court sacrificed the development of Article 35 so as to allow Article 34 to grow” (p.  226).
Nella seconda parte del Cap. V l’Autore analizza il tema delle giustificazioni e delle deroghe, sottolineando il ruolo della Corte nell’ampliamento dei c.d. “imperative requirements”, vedendo anche in questo una traccia della progressiva federalizzazione del mercato europeo.
Vi è comunque un ambito che sembra svolgere il ruolo di vera e propria eccezione al processo descritto dall’Autore, quello delle misure fiscali, a cui viene dedicato un lungo excursus (capitoli con questo titolo erano presenti anche nel primo volume) e in cui riconduce la ratio di tale eccezione alla natura stessa delle misure fiscali. In questo capitolo l’Autore ricorda anche le diverse posizioni dottrinali sulla questione della doppia tassazione e richiama alcune suggestioni comparatistiche provenienti dall’analisi del caso statunitense.
Nelle Conclusioni Schütze va oltre l’ambito della libera circolazione dei beni, generalizzando alcune delle riflessioni raggiunte nella propria disamina e sottolineando analogie e differenze fra il processo statunitense e quello europeo. Nonostante l’eccezione rappresentata dall’ambito delle misure fiscali e nonostante le ambiguità di Keck, per l’Autore l’ordinamento europeo “generally moved from an international to a federal market model” (p. 279), sulla scia (come riconosciuto nel primo capitolo) della spinta offerta dal GATT a suo tempo. L’ordinamento europeo, però, rimane ancora “incerto” in certi ambiti fra il modello nazionale, federale e quello internazionale, presentando elementi di tutti e tre i prototipi definiti nell’Introduzione. Qui l’Autore prepara il terreno per l’ultimo libro della trilogia, richiamando i vantaggi e gli svantaggi del modello federale – un modello capace di rispettare il pluralismo -, e di quello nazionale, che si avvale di un “unitary standard of constitutionality” (p. 282). Infine, nell’ultima parte delle conclusioni, Schütze sottolinea come conclusioni analoghe a quelle raggiunte per la libera circolazione dei beni possano essere riscontrate anche con riferimento alle altre libertà fondamentali. Questa è forse la parte più ambigua del libro, perché in essa l’Autore accenna solo a una comparazione che meriterebbe, come egli stesso riconosce a pag. 288, una trattazione a parte.
L’Epilogo (“Courts and Free Markets- the Legitimacy Question”) è un ideale ponte fra la seconda e la terza Opera della “trilogia” e in essa l’Autore si concentra sul lavoro che forse più di tutti ha condizionato la letteratura in questo ambito, il libro We the Court. The European Court of Justice and the European Economic Constitution dell’ex Avvocato Generale Miguel Poiares Maduro. Si tratta di un’analisi attenta della principale tesi di Maduro, quella relativa alla lettura della giurisprudenza economica della Corte di giustizia alla luce del concetto di majoritarian activism. Schütze, pur riconoscendo a Maduro il merito di avere tentato di inquadrare in un orizzonte teorico unitario la giurisprudenza della Corte di giustizia, rigetta sia la parte descrittiva (il concetto stesso di majoritarianism che risulta a Schütze come ambiguo, si veda la nota 15) sia quella normativa, contestando inoltre la lettura che del caso Keck viene data in quella sede (si vedano specialmente le pagine 291- 293). Importanti critiche, però, vengono riservate anche agli “agiografi” dell’integrazione europea, già sconfessati dalle famose pagine di Milward The European Rescue of the Nation State, che vengono non a caso ricordate in questo capitolo.
Il problema centrale che permette all’Autore di ripercorrere al contrario l’itinerario percorso è quello della legittimità della Corte di giustizia in quello che è stato il processo di costruzione del mercato europeo e qui arrivano altri attacchi alla traditional narrative (già presenti, per altro, anche nel primo volume, a partire dal noto rigetto dell’approccio sui generis che l’Autore aveva definito in quella sede una “non-theory”, p. 3). Si tratta, insomma, di un Epilogo ricco di “duelli a distanza” (si vedano le note 12, 53, 71, 73) e che promette molto. Sarà interessante vedere come la terza parte dell’Opera si concluderà, anche per inquadrare meglio questa appendice critica. In conclusione, si tratta di un libro davvero prezioso che conferma, sia dal punto di vista metodologico sia da quello contenutistico, l’importante contributo apportato da Schütze alla comunità scientifica.