Se la proposta di legge è “a lunga conservazione”: il Senato francese approva un’altra loi memorielle, votata dall’Assemblea nazionale oltre dieci anni prima

L’8 novembre il Senato ha approvato la proposta di legge (T.A. n° 23, entrato in vigore a seguito della decisione del Conseil constitutionnel come Legge n° 2012-1361 del 6 dicembre 2012), avente ad oggetto l’istituzione di una giornata commemorativa delle vittime della guerra d’Algeria, approvata dall’Assemblea nazionale il 22 gennaio 2002.

La proposta di legge “relativa al riconoscimento del 19 marzo quale giornata nazionale di ricordo e di raccoglimento in memoria delle vittime civili e militari della guerra d’Algeria e dei combattimenti in Tunisia e in Marocco”, composta da due soli articoli che proclamano la giornata della memoria (art. 1) e ne fissano la data (art. 2), è stata deferita al Conseil constitutionnel da oltre 60  senatori e da oltre 60 deputati, che ne hanno contestato la costituzionalità tanto sotto il profilo procedurale quanto nel contenuto.

Per quanto riguarda le contestazioni relative al merito della legge, essa presenta gli stesse profili di criticità propri di tutte le lois memorielles, concernenti il problema della consacrazione legislativa di un fatto storico (sul punto, si veda, in questa stessa sede, il post di I. Spigno “Ancora sulle lois memorielles: la parola del Conseil constitutionnel sull’antinegazionismo”, pubblicato il 19 marzo 2012).

Infatti, la legge sceglie come giornata della memoria il 19 marzo, anniversario degli accordi di Evian, definendolo come il giorno del “cessate il fuoco” in Algeria. Tuttavia, è fortemente contestato che tale data abbia sancito l’inizio della transizione verso la pace in Algeria, dal momento che proprio i tre mesi successivi al cessate il fuoco hanno rappresentato il periodo più sanguinoso nel conflitto algerino. Infatti, nell’intervallo di tempo trascorso tra gli accordi di Evian del 19 marzo 1962 e il referendum sull’indipendenza dell’Algeria, l’Organisation de l’armée secrète (OAS), gruppo clandestino che riuniva la resistenza francese che si opponeva ai ribelli algerini, tentò di sabotare la tregua ottenuta dal Fronte di liberazione nazionale algerino (FLN) dando luogo ad una violenta stagione di attacchi terroristici.

La data del 19 marzo è perciò contestata, soprattutto dalle associazioni dei rimpatriati, dei cosiddetti “piedi neri” (gli “europei” d’Algeria) e degli harkis (i musulmani d’Algeria arruolati tra le fila dell’esercito francese), per i quali il 19 marzo ha segnato una sconfitta o, se non altro, un peggioramento della loro situazione e un inasprimento del conflitto. Per questo motivo nel 2003, in occasione dell’emanazione di un’altra loi memorielle in omaggio ai caduti francesi in Algeria, si era scelta la data del 5 dicembre come giorno della memoria, in ricordo del 5 dicembre 2002, giorno dell’inaugurazione del memoriale dedicato ai soldati francesi e harkis uccisi in Algeria.

Per queste ragioni, nel ricorso proposto dai soli deputati veniva contestata, oltre alla procedura, l’assenza di portata normativa della legge e la violazione dei limiti di competenza del legislatore.

Tuttavia, il Conseil nella decisione n. 2012-657 DC del 29 novembre, respinge le censure, affermando che la legge, oltre ad avere pienamente un contenuto normativo, non viola il principio di chiarezza e comprensibilità della legge né alcuna altra esigenza costituzionale.

 

Maggiore curiosità può destare, soprattutto nell’osservatore italiano, la posizione assunta dal Conseil in merito alle censure sotto il profilo procedurale, per il fatto che la legge è stata approvata a seguito di due deliberazioni da parte dei due rami del Parlamento svoltesi a dieci anni di distanza l’una dall’altra.

In proposito, i parlamentari ricorrenti, sia deputati che senatori, hanno lamentato una violazione dei principi costituzionali che regolano l’esercizio del potere legislativo da parte del Parlamento, contestando in particolare la procedura in relazione al principio di trasparenza e lealtà del dibattito parlamentare, per l’approvazione da parte del Senato di una proposta di legge trasmessagli dall’Assemblea nazionale nel corso di una precedente legislatura, oltre dieci anni prima. Ciò avrebbe comportato, a detta dei ricorrenti, l’emanazione di una legge che non è espressione della volontà del Parlamento, non essendo stata esaminata dall’Assemblea nazionale nella sua composizione attuale.

Il Conseil, in due frasi stringate a conclusione del considerant n. 2 della decisione sopra richiamata, ha ritenuto che poiché la legge «è stata esaminata successivamente nelle due assemblee del Parlamento e adottata negli stessi termini conformemente all’articolo 45 della Costituzione» la sua procedura d’adozione non viola l’articolo 45 né «alcuna altra disposizione della Costituzione».

Maggiori delucidazioni su questo punto del ragionamento giudiziale, alla luce delle norme costituzionali che regolano il procedimento legislativo, vanno ricercate, come accade di consueto in relazione alle decisioni del giudice costituzionale francese, nel commento alla decisione a cura del Segretario generale del Conseil. Qui si rinviene come il giudice costituzionale francese abbia fondato i propri argomenti sia sulla prassi parlamentare e la “giurisprudenza” del Senato, sia su fonti dottrinali. A commento della decisone, e in particolare a supporto della conclusione cui sono pervenuti i Sages, il Segretario generale cita infatti un manuale di diritto parlamentare (il Traité de droit  politique, électoral et  parlementaire di E. Pierre) che, riportando l’evoluzione della prassi sul punto, spiega come dalla fine del XIX secolo sia invalsa l’interpretazione secondo cui i progetti di legge già approvati dall’Assemblea nazionale, e affidati ad una Commissione in seno al Senato, rimangono validi e possono essere condotti fino al termine del loro iter. Quest’orientamento, codificato nel 1894 nel Regolamento del Senato, non è stato invece espressamente recepito nei Regolamenti parlamentari sotto la Quinta Repubblica; esso ha tuttavia continuato a trovare applicazione, tanto che, com’è ricordato nel Commento alla decisione, diverse leggi sono state promulgate a conclusione di una navette a cavallo tra due legislature, come ad esempio l’importante legge sulla bioetica, approvata dall’Assemblea nazionale nel 2002, nel corso dell’XI legislatura, e divenuta legge a seguito dell’approvazione del Senato due anni dopo, nel corso della XII.

Quello che però desta maggiori perplessità, nel caso della legge in questione, è il lungo lasso di tempo intercorso tra le approvazioni delle due Camere, con una coincidenza pari a meno del 10% tra i componenti dell’Assemblea nazionale al momento dell’approvazione in prima lettura da parte dell’organo nel 2002 e i componenti della stessa al momento dell’approvazione definitiva e della promulgazione della legge.

Per queste ragioni, i parlamentari ricorrenti si sono appellati non soltanto al testo delle disposizioni costituzionali che regolano la funzione legislativa e il procedimento di formazione delle leggi (artt. 3, 24, 25, 27, 39 e 45), ma anche ai principi costituzionali desunti dalle stesse, ed in particolare all’«esigenza costituzionale di chiarezza e lealtà dei dibattiti parlamentari», dedotta dall’art. 3 Cost. in combinato disposto con l’art. 6 della Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen. Quest’esigenza di chiarezza e lealtà avrebbe dovuto imporre al Senato di ritenere decaduta la proposta di legge approvata dieci anni prima, tanto più che nel frattempo erano stati emanati altre due atti normativi sullo stesso tema, rendendo così la stessa priva di oggetto, oltre che non più espressiva della volontà generale (si tratta del decreto n° 2003-925 del 26 settembre 2003, che ha istituito una giornata nazionale in memoria dei “morti per la Francia” durante la guerra di Algeria e i conflitti in Marocco e Tunisia, e della Legge n° 2005-158 del 23 febbraio 2005, in ricordo dei Francesi rimpatriati).

Il Conseil non ha tuttavia condiviso alcuno di questi argomenti. Ritenendo rispettati la lettera e lo spirito della Costituzione, è sembrato così privilegiare una concezione della sovranità popolare fondata su un’idea di ‘nazione’, di ‘popolo’ e di ‘assemblea rappresentativa’ come entità astratte, slegate dall’identità dei componenti che effettivamente le costituiscono.